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Ieri mi volsi a considerar altrui memorie (dalle quali mi trovai rinvigorito) F.P. - Davide D'Elia


Rabdomante
, 2010, Coourtesy Ex elettrofonica

Non è cosa nuova l’indagine artistica condotta attraverso l’impiego di materiali organici presi in prestito dal mondo naturale, con l’intento di porre l’accento sulla deperibilità e la trasformabilità di elementi che sfuggono al controllo dell’artista e rendono l’autorialità dell’opera meno definita. La scultura che mangia di Anselmo già introduceva queste novità nell’ambito delle ricerche portate avanti dagli esponenti dell’Arte povera. Davide D’Elia, alla sua prima personale nella capitale, si confronta con uno spazio espositivo che richiede uno sforzo in più: l’Ex Elettrofonica si propone infatti come galleria sui generis, dove già l’ambiente, progettato da due architetti che hanno lavorato nello studio romano di Zaha Hadid, diviene tutt’uno con gli interventi qui realizzati. Un ambiente forte, che si rende protagonista e costringe l’artista ad un confronto impegnativo, dove l’opera site specific deve inserirsi tra gli elementi architettonici, senza rimanerne schiacciato e contemporaneamente tenendone conto.


Particolare dell'installazione, 2010, Courtesy Ex elettrofonica

D’Elia è originario della provincia di Salerno e si è formato in Italia, per poi proseguire la sua carriera a Londra; nella sua ricerca si è concentrato sulla realizzazione di opere dove è data una forte centralità a due elementi: la casualità e la temporalità nella trasformazione della materia. L’idea nuova che sta dietro ai suoi lavori è la ricerca della bellezza che viene dalle alterazioni fortuite delle materie organiche: così D’Elia prende una tela, la pone sotto terra, la estrae dopo un certo tempo e sceglie una vecchia cornice demodé che possa dare un contesto nuovo alle forme astratte depositate sulla superficie bianca. All’Ex Elettrofonica sono protagoniste le muffe che l’artista, collaborando con un chimico, ha coltivato sulle pareti dello spazio. L’immagine di un rabdomante diventa il logo della mostra, perché è dalla ricerca dell’acqua e dell’umidità sulle pareti che nasce l’intervento site specific.


Particolare dell'installazione, 2010, Courtesy Ex elettrofonica

Le aree dove vengono coltivate le muffe hanno forme ovoidali che ripropongono gli elementi architettonici cavi già presenti nell’ambiente, lì dove il fusto centrale dello spazio si incontra con il soffitto. Le muffe hanno un loro ciclo vitale; crescono e si infittiscono in un determinato microclima, ma già il passaggio dei  visitatori e il variare delle condizioni interne provoca un’ulteriore trasformazione, l’essiccamento e la morte delle superfici fungine. Gli strati spugnosi perdono quindi lentamente la loro porosità, diventano pellicole giallognole e si staccano dalle pareti. Il ciclo vitale delle muffe coincide con il ciclo dell’opera;

“Un modo di intendere l’esposizione non come un risultato definitivo, ma come un processo, un momento della propria ricerca”: con queste parole Aquilanti illustra il lavoro di D’Elia, accompagnandolo nella mostra con un’ulteriore intervento site specific di commento all’opera. L’artista-curatore dell’esposizione lavora da anni, attraverso il video e il disegno, sulla visione che viene disgregata e poi ricomposta solo nell’attimo in cui lo spettatore, coinvolto nell’opera, riflette sul proprio sguardo. Entrambi gli artisti, pur conducendo ricerche differenti, riflettono sullo scorrere del tempo, sulla casualità e investono i propri lavori di una qualità poetica, assente nella tradizione concettuale da cui partono le loro indagini artistiche.

Eleonora Capretti


Ieri mi volsi a considerar altrui memorie (dalle quali mi trovai rinvigorito) F.P. - Davide D'Elia
a cura di Andrea Aquilanti
dal 5 marzo al 20 aprile 2010
Galleria Ex Elettrofonica, Vicolo di S. Onofrio 10 - Roma
www.exelettrofonica.com

 

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