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Daniela Perego. Oltre


Senza titolo (2010), courtesy Studio d'Arte Contemporanea Pino Casagrande

«Quello che c’è da cogliere attraverso l’immagine e la parola è sempre altrove, oltre». (J.Lacan)
Oltre la percezione c’è l’immaginazione, oltre la forma il contenuto, oltre la superficie c’è la profondità.
Oltre è il titolo della mostra di Daniela Perego, artista fiorentina trapiantata a Roma. All’ingresso dello spazio espositivo tre coppie di foto, ambienti scarni dove si colgono improvvisamente presenze umane, corpi che si interpongono alla visione dello spettatore per attestare la loro presenza disturbante, decontestualizzata, per creare straniamento e dubbio nella fede percettiva. Un corpo nudo si intravede dietro le tende di un salone voltato, una donna in sottoveste, prima in piedi, poi distesa vicino alla parete esterna di un edificio probabilmente in costruzione, la stessa donna seduta di fronte a un crocifisso all’interno di una cappella cimiteriale, la quale, nella foto accanto appare vuota. Ma queste presenze quasi impalpabili sono realmente lì o sono frutto della nostra immaginazione? Siamo nella realtà della visione retinica o siamo andati oltre? Daniela Perego ci induce a mettere in dubbio la nostra facoltà percettiva: richiamando alla mente Maurice Merleau-Ponty, l’artista sembra spingere lo spettatore ad interrogarsi sul rapporto tra coscienza e immaginazione. Il corpo si configura come una sorta di fantasma, ‘assenza quasi presente’, al limite tra visibile e invisibile, assumendo quindi una valenza sia fisica, sia metafisica, divenendo cosa immaginata, pensiero. Questo duplice aspetto del corpo è messo in evidenza anche nel video Matrimonio, protagonista assoluto della seconda sala: una donna distesa a terra, al centro di un banchetto di nozze, non sembra disturbare; solo lo sguardo della telecamera, caratterizzato da un’inquadratura molto bassa, riesce a cogliere ciò che è invisibile agli occhi dei commensali e dei camerieri.


Matrimonio - still video (2010), courtesy Studio d'Arte Contemporanea Pino Casagrande

Il corpo scompare lentamente dietro i tavoli imbanditi, le sedie, gli invitati, per poi riapparire nel medesimo punto quando tutto ha fine, dopo che la sposa è andata via col bouquet in mano, lo stesso che vediamo nella foto posata sul pavimento a sinistra. Il corpo inizialmente sembra annullato dal contesto, ma successivamente è come se lo assorbisse al suo interno, nel suo silenzio, nella sua solitudine e invisibilità. L’invisibilità non è altro che la profondità del visibile, dell’immagine; il corpo viene concepito dunque come elemento sensibile, apparenza necessaria per trasportarci oltre la confusione e i rumori del banchetto nuziale, per manifestare un contenuto sedimentato, quel 'tesoro' di cui parla Achille Bonito Oliva nel testo critico: «Il tesoro dell’arte vive un doppio paradosso: quello della profondità e quello della superficie. Perché arte esista, è necessaria una lunga onda di irradiazione, un verticale sprofondamento dentro la sostanza dell’immaginario. Perché essa approdi alla luce e arrivi al livello dello sguardo meravigliato del mondo, è anche necessario il suo affioramento al livello dell’immagine».
Corpo fisico e corpo metafisico, percezione e immaginazione, superficie e profondità, necessità di apparire e timore della troppa visibilità: binomi che caratterizzano una mostra che va oltre una fruizione immediata dell’arte.

Carmela Rinaldi


Oltre - Daniela Perego
a cura di Achille Bonito Oliva
dal 1 dicembre 2010 al 31 gennaio 2011
Studio d’Arte Contemporanea Pino Casagrande, via degli Ausoni 7/a – Roma

 

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