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Mitzi Pederson, and what comes back.


Mitzi Pederson, Untitled (2010), Chiffon, fotografia, legno  e filo. Courtesy galleria 1/9unosunove

La galleria 1/9 ospita, fino al 22 gennaio, la prima  personale italiana di Pederson, artista statunitense trapiantata a Berlino, che con l’esposizione romana celebra l’ultima fase della sua attività artistica, caratterizzata dall’uso di uno strumento nuovo: la fotografia.
Negli ultimi dieci anni  Pederson ha trattato ogni sorta di materiale, dal cemento alla sabbia, dal cellophane all’alluminio, passando per la stoffa e i glitter.
Ogni nuovo elemento preso in considerazione portava con se il seme di una riflessione sulla scultura, che poteva avere come fulcro ora la luce, ora la pesantezza, la casualità quanto l’armonia attentamente misurata.
Quest’intento artistico di base rimane invariato  nelle opere che compongono la mostra and what comes back.
Ancora una volta  Pederson decide di mettersi in ascolto di quanto la materia ha da dire, e d’intervenire in modo tale da portare alla luce solo le caratteristiche che le sono proprie, evitando d’oscurare le peculiarità del mezzo con la propria creatività.
L’artista dispone le parti in modo tale d’attivare un dialogo, che procede autonomamente, poiché i diversi materiali assemblati possiedono già una precisa caratterizzazione strutturale, un’individualità estetica e di contenuto che l’artista deve solo indirizzare.


Mitzi Pederson, Untitled (2010), Fotografia, legno e filato. Courtesy galleria 1/9unosunove

I lavori esposti alla galleria 1/9 sono  ottenuti assemblando stoffa, filo, legno e inserti fotografici.
Pederson utilizza la fotografia perché attratta dalle sue specifiche proprietà materiali, non sussiste, quindi,  nessun intento simbolico.
L’artista manipola lucide fotografie che riproducono astratte macchie cromatiche, le taglia, le piega in modo da permettere alle stesse di superare la loro naturale bidimensionalità, di conquistare lo spazio e farsi scultura.
Se si volesse rintracciare un filo conduttore che leghi queste opere d’oggi al lavoro passato dell’artista bisognerebbe certamente citare l’interesse, da sempre manifestato, per la luce, ben espresso dall’utilizzo costante di materiali translucidi, trasparenti o riflettenti, che si lasciano alterare, coinvolgendo il fattore luminosità direttamente nella struttura dell’opera.
Ora, in queste realizzazioni, a evocare la luce modellatrice di forme sono tanto i frammenti di fotografie, quanto il delicato chiffon bianco sui quali vengono composti.


Mitzi Pederson, Untitled (2010), Fotografia, carboncino e legno. Courtesy galleria 1/9unosunove

Altro materiale dominante nelle sculture di and what comes back è il legno, che può apparire sotto forma di pesante blocco geometrizzante, o come sottile bastoncino fluttuante a mezz’aria. Questo materiale è particolarmente amato dall’artista perché può subire alterazioni, anche notevoli, col passare del tempo, in relazione all’ambiente in cui viene collocato.
Il legno evoca quindi un’altra tematica cara all’autrice, quella dell’entropia, l’idea che lo stato delle cose tenda a muoversi sempre da una condizione d’ordine a una di disordine.
Le opere di Pederson dovrebbero essere periodicamente visitate negli anni, in modo da cogliere le alterazioni che l’artista poteva solo prevedere, ma non indirizzare.

Il coinvolgimento di una buona dose di casualità nella progettazione artistica di quest’autrice è ben espresso da una grande opera, composta unicamente da sottili bastoncini di legno, appesi a dei  fili e sospesi a mezz’aria.
Qui tutto si gioca sul concetto d’equilibrio: un equilibrio precario e appena impostato, disposto a infrangersi.
Basta, infatti, il passaggio troppo ravvicinato di un visitatore e l’opera si altera: venendo conquistata dall’aria diventa dinamica e mutevole.
Ma l’aura aleatoria non è la sola caratteristica peculiare di questo lavoro, che riesce a dare forma allo spazio, a definire dei piani, disegnando nell’aria in quel modo speciale che ha reso noto il lavoro dell’artista americana.
In and what comes back Mitzi Pederson imposta un dialogo tra materiale composto in opera e spazio dell’esposizione, e c’invita a partecipare.
Questi lavori ci suggeriscono di guardare nuovamente alla scultura astratta cogliendone il senso originario e più profondo, tutto racchiuso in quella loro capacità di prendere le misure del reale usando il metro dell’arte.

Chiara Cartuccia


And what comes back - Mitzi Pederson
dal 24 novembre 2010 al 22 gennaio 2011
Galleria 1/9, via degli specchi 20, Roma.

www.unosunove.com

 


 

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