Shahzia Sikander (Lahore, 1969) è una di quelle donne (e artiste) che Rosi Braidotti definirebbe un ‘soggetto nomade’ non solo per la sua origine pakistana e per aver scelto ormai da molti anni di vivere e lavorare a New York ma soprattutto per quegli strani ‘attraversamenti culturali’ di cui le sue opere sono piene. Da giovedì 6 maggio è possibile visitare a Roma la personale della Sikander presso la Galleria Valentina Bonomo, una serie di gouache di diverso formato il cui impatto visivo rimanda a una iconografia orientale fatta di arabeschi, linee curve e sinuose, immagini colme di minuziosi dettagli, nel pieno rispetto di una cultura secolare che l’artista incarna e che vuole tenere viva insieme a quella presente. Il procedimento utilizzato infatti (la gouache) appartiene all’antica tradizione indiana e pakistana dell’arte miniata che la Sikander ha studiato nella sua terra natia e che ha provato a dislocare nel campo dell’arte contemporanea, spesso attraverso audaci esperimenti che coinvolgono i mezzi della tecnologia digitale, la fotografia, l’animazione, il suono. Le opere esposte alla Galleria Bonomo ci introducono in un mondo quasi irreale, nel guardarle una a una ho pensato a “Le mille e una notte”, una raccolta di favole dal mondo arabo, un libro che amavo tanto sfogliare da piccola per le affascinanti illustrazioni che conteneva. La pittura di Shahzia Sikander mi conquista oggi come fecero allora quelle immagini; un alone fiabesco l’avvolge sebbene mai completamente perché l’artista in fondo non può raccontare con distacco le usanze di una cultura che le appartiene, né può sottrarsi, in quanto donna islamica, a contaminare il campo pittorico con la propria ‘identità di genere’, riversando in tutte le sue gouache personali esperienze di vita mescolate a usi e costumi di una terra ricchissima di tradizioni ma tragicamente divisa dal conflitto religioso tra induisti e musulmani: Shahzia Sikander prova, attraverso la sua opera, a riallacciare il rapporto tra le due parti, mescola simboli e significati gli uni degli altri, ribalta il sapere convenzionale, spegne i fondamentalismi e le false credenze dei popoli dando vita a un’immagine nuova (forse utopica?) di multiculturalità … la speranza è l’ultima a morire.
Marta Brunori
Shahzia Sikander
a cura di Valentina Bonomo
dal 6 maggio a settembre 2010
Galleria Valentina Bonomo, Via del Portico d’Ottavia 13 - Roma