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William Cobbing – Reversals

William Cobbing si concentra sulla memoria dei luoghi, un lavoro che porta avanti per sottrazioni ricalcando assenze, eliminando tracce. La sottrazione può anche tradursi paradossalmente nell’uso dello specchio, con raddoppiamenti spettrali: la serie fotografica che occupa la prima sala della galleria,   Bamiyan Mirror  , è il risultato della residenza dell’artista alla Turquoise Mountain Foundation di Kabul tra l’aprile ed il maggio del 2009; le immagini sono state scattate nella valle del Bamiyan dove otto anni fa l’iconoclastia ed il radicalismo politico dei Talebani hanno portato alla distruzione delle due millenarie grandi statue del Buddha. Un luogo così lontano eppure così mediaticamente vicino viene catturato da Cobbing attraverso dei riflessi: la cavea non viene mai fotografata direttamente ma sempre restituita da frammenti di specchi disseminati nel paesaggio circostante. Così come nell’assenza dei Buddha si verifica la traccia di una memoria antica ed il disastro di una memoria recente, nell’assenza delle loro immagini dirette Cobbing riflette criticamente sulla de-realizzazione del reale, sulla spettacolarizzazione delle guerre, su quella che Baudrillard (punto di riferimento esplicito per l’artista) ha ben descritto nella sua teoria dei simulacri, nell’infinita danza di specchi dove le immagini si riflettono le une nelle altre perdendo qualsiasi riferimento con la realtà esterna, definendosi esse stesse   realtà  . La ripetizione delle immagini è un processo entropico che conduce verso una perdita di senso, verso un rovesciamento radicale di prospettive: entropia e rovesciamento (  reversal  ) sono due concetti alla base della riflessione teorica ed artistica di Robert Smithson, altro importante (dichiarato) punto di riferimento per Cobbing, e lo si capisce sin dalla serie dei   Bamiyan Mirror   che non possono non ricordare i   mirror displacements   di Smithson (pur conducendo a riflessioni e suggestioni ben diverse). Anche l’altra coppia di video presenti nella seconda sala della galleria,   Moon Walker  , frutto di un’altra residenza d’artista (questa volta a Berwick-upon-Tweed, sul confine inglese con la Scozia) si concentrano sull’identità, la fisicità e la memoria del luogo in cui l'artista ha soggiornato.  Preceduti a metà tra la due sale dalla scultura in bronzo   Clapper tongue   (una fusione tra il busto di un uomo e la forma di una campana, punto di riferimento per la zona di Berwick), i due video si riallacciano a   The Monuments of Passaic   che Smithson pubblica su ArtForum nel 1967 e che rappresenta un punto chiave nella sua teorizzazione dell’entropia come concetto generativo della pratica artistica: “  Immaginate una sabbiera divisa in due parti, una con la sabbia nera e l’altra con la sabbia bianca. Prendiamo un bambino che corre centinaia di volte in senso orario finché la sabbia comincia a mescolarsi e a diventare grigia; se dopo il bambino comincia a correre in senso inverso il risultato non sarà il ripristino della divisione originaria, ma un’accentuazione del grigio e un aumento dell’entropia  ”.  Cobbing sembra quasi voler rovesciare questa inevitabile tendenza di ogni sistema dato: che sia su una linea retta o su una spirale (altra forma chiave per Smitshon, simbolo della stessa legge entropica), in   Moon Walker   l’artista ripercorre i suoi passi su una spiaggia del litorale di Berwick cancellandone ogni traccia, ripristinando la condizione originaria. Che sia per opporsi al lento ed inevitabile dissolversi di forme e memorie, o per evidenziarne l’inevitabile corso, questo non è chiaro. Ogni affermazione, in fondo, verrebbe comunque prima o poi inghiottita nella sabbia.

Valentina Fiore


 

Reversals - William Cobbing

dal 6 febbraio al 23 marzo 2010

Furini Arte Contemporanea, Via Giulia 8 - Roma

www.furiniartecontemporanea.it

 

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