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Eduard Winklhofer: pausa di riflessione

É sempre più raro incontrare artisti che abbiano qualcosa da dire, oggi. O meglio, che abbiano qualcosa da   esprimere  . Sempre più spesso l'artista cede alla seduzione del patinato, del decorativo, del   glamour  ; con la finalità di compiacere di volta in volta un pubblico (mercanti, collezionisti, semplici fruitori) alla ricerca dell'oggetto “carino”, in barba a quelle che personalmente considero le necessità profonde del fare arte, la capacità di emozionare, far riflettere. È per tale ragione che, di questi tempi, non posso far altro che guardare con favore al lavoro di Eduard Winklhofer. L'artista austriaco, presentato da Aldo Iori, si è insediato con deciso garbo alla galleria Del Prete lo scorso 8 febbraio: per l'occasione ha operato nello spazio con un approccio   site specific  , a mio avviso fondamentale per dare unicità ad un'esposizione e legarsi con incisività all'ambiente che accoglie i lavori. Winklhofer è infatti intervenuto su un'intera parete della galleria realizzando un'opera murale costituita dalla ripetizione quasi ossessiva di tavolini rettangolari. La composizione, animata da un insolito   horror vacui  , trova nel bianco e nero le due tinte dominanti: un contrasto che conferisce alla visione d'insieme un senso di cupa insicurezza. Una cupezza che pervade anche l'unica opera a carattere tridimensionale di Winklhofer: una sedia sospesa da terra, retta da filo spinato legato ad un montante. Sulla sedia è poggiata una bottiglia contenente del liquido rossastro (senz'altro poco invitante): il fiasco si regge in perfetto equilibrio, in maniera quasi paradossale rispetto alla precaria inclinazione della sedia sospesa. Con quest'ultima installazione e con l'intervento parietale l'artista pare invitarci a riconsiderare il potenziale perturbante di oggetti comuni – quasi domestici – come appunto sedie e tavolini: tale mancanza di “rassicurazioni” riesce ad infastidire l'osservatore e, contemporaneamente, a collocarsi in profondità nel suo immaginario. Sono poi presenti in mostra alcuni lavori più spiccatamente “pittorici”: si tratta di 9 disegni a carboncino e grafite su carta. Apparentemente simili a lamine metalliche (caratteristica che conferisce loro un sapore post-industriale), essi rappresentano in realtà delle   “visioni aeree di parti del territorio devastato da azioni belliche del secolo passato: porzioni di città dolenti bombardate, come Berlino e Dresda”   – come spiegato nel testo critico da Iori. I lavori, senz'altro interessanti per le variazioni cromatiche in scala di grigio e per la coerenza della ricerca formale, rappresentano tuttavia la parte più ripetitiva del percorso espositivo, resa forse ridondante dalla selezione di nove pezzi – un po' troppi probabilmente – che si somigliano molto l'un l'altro. In definitiva le opere di Eduard Winklhofer emergono per potenza comunicativa e presenza espressiva, rifuggendo banali accostamenti e proponendo immagini di un impatto straniante. I lavori in mostra non hanno bisogno di orpelli, ma contengono una “carica” propria, data dalla capacità dell'artista di attingere da fonti ormai “classiche” del linguaggio contemporaneo (minimalismo, tendenze poveriste,   ready made  ..). Per la galleria Del Prete è l'ennesima prova di “coraggio” nel selezionare e proporre un artista che segue un proprio indirizzo di ricerca, lontano anni luce dai lustrini di tante espressioni artistiche contemporanee. Un artista abile ad interpretare ciò che considero il “compito” dell'arte: non tanto fornire verità, quanto porre domande e suscitare perplessità attraverso un punto di vista personale.

Saverio Verini


Eduard Winklhofer

a cura di Aldo Iori

dall'8 febbraio al 10 aprile 2010

Galleria Maria Grazia Del Prete, via di Monserrato, 21 - Roma

www.galleriadelprete.com

 

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