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I risvegli metafisici di Luca Morelli

Di Metafisica piuttosto che di Realismo preferirei parlare a proposito di Luca Morelli, l’artista romano in mostra alla galleria Il Polittico fino alla fine di marzo. La sua personale, intitolata “Il principio del risveglio”, presenta dei tradizionali oli su tela in cui i protagonisti sono una coppia, una donna e un uomo, visti di volta in volta nella loro intimità domestica: stesi sul letto, nel momento in cui stanno per alzarsi o mentre si vestono, preparandosi a uscire. In quella serie di procedure dunque, spesso svolte da ognuno di noi quasi meccanicamente, che segnalano l’inizio di una nuova giornata.  L’aspetto più interessante di questi lavori, in apparenza semplici descrizioni di fatti quotidiani, è la presenza di elementi enigmatici e di ambientazioni ambigue e poco credibili, che, come accennavo all’inizio, non li fanno ascrivere totalmente a una corrente di pittura realista. Metafisica è il concetto che mi viene alla mente guardandoli. Penso infatti a De Chirico e all’idea che si cela dietro i suoi quadri, quella di rappresentare oggetti ed elementi architettonici comuni, solo in apparenza però, in quanto il loro reciproco accostamento genera nella scena un’aura di impenetrabilità misteriosa. De Chirico aveva asserito di procedere in tal modo per dichiarare quanto non fossero scontati tutti gli oggetti, anche i più banali, ma piuttosto portatori di aspetti insoliti, sempre nuovi. A suo avviso la non ovvietà dell’esistenza di questi oggetti emergeva, ad esempio, quando ordinari elementi d’arredo, quali sedie, armadi o divani, venivano visti in contesti a loro estranei, come “dinnanzi sulla strada, in uno scenario nel quale non siamo abituati a vederli: come accade in occasione di un trasloco, oppure in certi quartieri dove mercanti e rivenditori espongono fuori dalla porta, sul marciapiede, i pezzi principali della loro mercanzia. Tutti questi mobili ci appaiono sotto una luce nuova, raccolti in una strana solitudine”. (Giorgio de Chirico, Statues, meubles et généraux, 1927). Il sentimento che si genera dunque è l’osservare il banale e il conosciuto sotto una luce nuova, che ne metta in crisi l’ovvietà e ne evidenzi gli aspetti potenzialmente disturbanti ed oscuri, come se si entrasse in una stanza in cui si è già stati un’infinità di volte e si osservasse tutto con occhi nuovi, come per la prima volta. Per Morelli il senso di questo ragionamento è legato, a mio avviso, alla modalità con cui vengono rappresentati gli interni delle sue abitazioni. In lui non si ha infatti un’estrema attenzione al dettaglio, ma la presentazione di questi ambienti come meri contenitori, privi delle tracce che chi ci vive lascia ogni giorno. Per esempio, ne “Il principio del risveglio”, quadro che dà il titolo alla mostra, l’uomo e la donna sono colti nel momento in cui stanno alzandosi dal letto: il lenzuolo è stropicciato, i due ancora insonnoliti. A proposito di questo quadro, nel testo in catalogo si pone l’accento sulle venature intimistiche del dipinto e sul senso della posizione dei due (si voltano le spalle), che porterebbe Morelli a riflettere sull’incomunicabilità della coppia, intrappolata in gesti quotidiani e ripetitivi, che precludono una condivisione e una comunicazione profonde. Al di là di questo significato, quasi didascalico, trovo più stimolante concentrarsi sull’ambientazione, che tende a creare nella scena un’atmosfera di sospensione e irrealtà. Sebbene i due infatti siano rappresentati in un momento banale della giornata, la stanza non testimonia della loro vita assieme: le pareti sono spoglie, non vi sono mobili o suppellettili, che nel normale corso dell’esistenza invadono gradualmente le case come ricordi affastellati degli anni. Lì tutto è fittizio e sospeso, come visto per la prima volta, in modo che la stanza ci dica altro, ci annunci sensazioni stranianti e ci disorienti. Nelle case, anche in quelle raffigurate in pittura, si è portati a rintracciare elementi della domesticità, comuni ad ogni uomo. In questo caso ogni traccia di vita viene piuttosto annullata, in modo da dichiarare che non è nella direzione del realismo e della narrazione che ci si sta muovendo. Il tono generale dei dipinti inoltre, sui timbri del marrone e del grigio, richiamando quello delle opere di Carrà, potenzia la sospensione temporale e la sensazione di turbamento provocato dalle scene. Allo stesso modo, “Propria storia nuda” non racconta una tranche di vita della coppia, quanto un momento fuori dal normale. La donna, nuda, siede a un tavolo nel salotto. Dietro di lei la libreria ospita libri anonimi, monocromi e senza titolo, a indicare che l’interesse va al di là di una descrizione particolareggiata della quotidianità. È improbabile che la donna, appena alzata, si sia seduta nel salotto senza preoccuparsi di vestirsi e si sia trattenuta lì, senza una vera ragione. La scena vuole dunque dire altro, intende più che altro disorientare le nostre sensazioni, contrastate tra la banalità della casa e la sensazione di inafferrabilità che essa trasmette, come se qualcosa non ci tornasse. L’aspetto di enigmaticità presente nei dipinti di Luca Morelli mi suggerisce inoltre delle tangenze, oltre che con la Metafisica di De Chirico, con il lavoro dell’artista americano Edward Hopper. Se quest’ultimo viene generalmente considerato uno dei maggiori interpreti del Realismo e della scena americana, non bisogna però negare che i suoi spazi, urbani o rurali, sono anch’essi altamente enigmatici e disorientanti, spesso solitari e impenetrabili, resi tali, in questo caso, da una luce fredda e tagliente.  Interessante è infine il gioco di specchi, simile a quello attivato da Velásquez in “Las Meninas”, presente nell’opera di Morelli intitolata “La stanza della posa”. In questa tela l’uomo è raffigurato mentre sta per scattare una foto a qualcosa o qualcuno di fronte a lui, mentre la donna è alle sue spalle. Egli ha la macchina puntata verso di noi e potrebbe sembrare che dunque ci voglia includere nella scena, tramite un meccanismo già molte volte praticato dai pittori. La realtà è però diversa e ce la rivela il testo in catalogo. In esso viene infatti chiarito l’equivoco: non siamo noi i protagonisti dello scatto ma la donna alle sue spalle, che viene colta tramite uno specchio posizionato di fronte a lui, proprio al posto dello spettatore. Indizio di questa operazione è il modellino dell’ambiente architettonico poggiato sul tavolo in basso, che altro non è che quello della galleria Il Polittico, ribaltato nei suoi spazi perché visto allo specchio.

Francesca Castiglia


Il principio del risveglio - LUCA MORELLI

dal 10 febbraio al 31 marzo 2010

Galleria IL POLITTICO, via dei Banchi Vecchi, 135 – Roma

www.ilpolittico.com

 

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