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SPECIALE | Bologna Arte Fiera/Art First 2011


Arte Fiera 2011, Courtesy ArteFiera

Ogni anno a gennaio Bologna si trasforma, per una manciata di giorni, in capitale del contemporaneo, grazie a una variopinta invasione di galleristi, giornalisti, critici, addetti ai lavori di ogni tipo e visitatori più o meno occasionali, tutti sbarcati nella città delle torri per prendere parte all’evento fieristico dedicato all’arte più importante d’Italia: Arte Fiera. L’edizione di quest’anno, la trentacinquesima, si è chiusa lasciando dietro di se il solito sciame di considerazioni, statistiche e calcoli. Gli organizzatori possono portare a casa numeri da buon successo: 31.000 visitatori hanno preso d’assedio gli stand del quartiere fieristico, più di 100.000 i partecipanti alla Art White Night 2011 del 29 gennaio, mentre la rassegna cittadina Art First, che chiuderà i battenti solo il 27 febbraio, si conferma, alla sesta edizione, un’idea vincente.
Malgrado i facili trionfalismi gli affari fatti dalle 200 gallerie presenti in fiera hanno confermato il trend ben noto: solo le grandi non conoscono crisi di mercato, mentre le piccole continuano a diffondere e pubblicizzare, sempre sul filo del disastro economico.
E fin qui nulla di nuovo.
La novità sta nel fatto che l’edizione del 2011, ancor più di quelle dei passati anni, conferma la tendenza della fiera bolognese a sdoppiare sé stessa in due entità distinte, anche se in aperta comunicazione.
Da una parte abbiamo l’esposizione tradizionale nello stantio quartiere fieristico, che ci mostra una Arte Fiera canonica, fatta di edifici da rifare, punti ristoro ridicoli, luci fastidiose e stand appena adatti ad ospitare la grande fiera dell’hobbystica.


Anna Galtarossa, Totem (2011), Courtesy Art First

Devo dire che faccio sempre un po’ di fatica a trascinarmi su uno di quei lentissimi autobus che partono dalla stazione, in direzione fiera, ma sfogliando l’elenco delle gallerie presenti non si può rimanere delusi, e, malgrado il biglietto d’ingresso costruito su misura per le tasche di facoltosi collezionisti, vale sempre la pena una visita.
Per chi, come me, viva una rassegna di questo tipo come l’occasione di vedere opere d’arte notevoli e difficilmente raggiungibili Arte Fiera costituisce ancora una buona soluzione, inoltre sono sempre interessanti le nuove piccole realtà che spuntano di anno in anno, rappresentate  dal settore dedicato alle giovani gallerie (un piacere visitare, anche fuori sede, la Fabio Tiboni di Bologna, La Francesco Pantaleone di Palermo, la Mario Mazzoli e la Kunstagenten di Berlino, per citarne qualcuna).
Poi ci sono gli editori e le riviste, una buona tappa per rifornirci di tutti i nostri amati magazine gratuiti  in una sola rapida mossa, e magari azzardare un piccolo acquisto negli unici stand alla portata dei nostri portafogli.
Ma malgrado gli aspetti positivi il mio istinto primario appena varcata la soglia d’uscita è sempre quello di correre come il vento verso la civiltà, ed è proprio in città, tra le vie del centro, che troviamo l’altra faccia della fiera bolognese, rappresentata da Art First, Art Fiera/ OFF e Art White Night.
Si è parlato, in questi giorni, di una 'biennalizzazione' di Arte Fiera, sottolineando così la graduale trasformazione di una mostra mercato come quella bolognese in un colossale insieme d'eventi, che conquistano il centro urbano, penetrando i palazzi storici e tutti i musei del capoluogo emiliano, in modo analogo a quanto accade a città come Venezia o Berlino durante le loro biennali d’arte.
Questo è il vero fattore innovativo dell’edizione di quest’anno, che può essere a buon titolo considerata la più ricca d’eventi collaterali di sempre.


Ghost of a Dream, Everybody Wants Some Heaven (2011), photo: Chiara Cartuccia

Davvero difficile non perdersi nulla, visto il fitto calendario. Gli organizzatori stuzzicano i nostri nervi, e giocano con la sottile ansia da scelta, soprattutto nella serata del 29, la notte bianca dell’arte che ha imposto anche ai più pigri bolognesi una passeggiata nel gelo invernale.
Una buona occasione per armarsi di mappa e visitare almeno alcune delle tappe previste dal percorso di Art First, che si snoda per la città occupandone l’intero centro storico, fino a spingersi oltre le mura.
La mostra collettiva  è curata da Julia Draganovic, che per quest’anno sceglie l’evocativo titolo “Se un giorno d’inverno un viaggiatore…”.
Per i più intrepidi è stato organizzato un simpatico tour in bicicletta, tutti gli altri affollano le strade a piedi, in una ricerca dello spazio espositivo che somiglia davvero molto ad una caccia al tesoro.
Non nascondo il mio amore, piuttosto infantile, per cose di questo tipo: in una notte nebbiosa puoi finalmente aprire porte che ti erano sempre state interdette, e trovare un mondo di luci e colori.
In realtà quest’idea romantica non corrisponde al vero, quasi ognuna delle opere presentate in Art First  è semplicemente disposta nelle sale di musei bolognesi normalmente aperti al pubblico, quasi sempre gratuiti, solo che si tratta di luoghi spesso lontani dal grande flusso turistico.
L’arte contemporanea è messa in comunicazione con ambienti a lei estranei: la galleria Anita Becker di Francoforte presenta una performance dell’artista Maria Josè Arjona nel suggestivo teatro anatomico dell’Archiginnasio, Roberto Paci Dalò proietta il suo universo di microorganismi tra gli espositori del Museo Universitario delle Scienze di Palazzo Poggi, Anna Galtarossa conquista l’atrio della Biblioteca Sala Borsa con un’imponente scultura mobile, mentre il duo Ghost of a Dream compone un complicato mosaico nel Museo della Sanità e dell’Assistenza, Oratorio della Vita, utilizzando migliaia di biglietti della lotteria rivelatesi  non vincenti.
Un microcosmo di installazioni, performance, immagini in movimento, che invade ogni angolo. E bisogna considerare anche il fiume d’eventi legati al filone indipendente della rassegna: Arte Fiera OFF (che comprende, in buona sostanza, ogni manifestazione artistica che abbia  luogo in Emilia Romagna nei giorni di Art First/Arte Fiera, e che non sia direttamente legata a queste).
Ci sarebbe  da esserne sazi per mesi, e chiaramente una sola nottata bianca non serve che a farsi una prima idea di quanto si visiterà nei giorni a venire.
Oltre a tutto questo bisogna segnalare i vari party che hanno dato un palcoscenico consono al chiacchiericcio di galleristi, critici e curatori, tra cui quello organizzato in occasione della proclamazione del vincitore del premio Furla, e poi le presentazioni di volumi e le tavole rotonde.
E impossibile non ricordare il grande cadeaux di Renato Barilli alla città: l’incontro con Marina Abramovic nell’Aula Magna di Santa Lucia, durante il quale l’artista serba ha presentato e commentato dal vivo il suo film Seven Easy Pieces, circondata della folla delle grandi occasioni.


Maria Josè Arjona, Habito/Abito (2011),
photo: Chiara Cartuccia

Tirando le somme, c’è stato davvero tanto da vedere, e il binomio Arte Fiera/Art First non ha tradito le aspettative, ma mi chiedo se non sia stato troppo tutto insieme.
Bologna è una città lenta e oziosa, ma sempre (spesso sotterraneamente) ricca di spunti. Per metterla in movimento come si deve bisogna scuoterla con grande vigore, è vero, ma non c’è un’alternativa a queste sporadiche scosse telluriche, destinate ad essere totalmente dimenticate nel giro di un mese? Questo è l’unico modo possibile per diffondere in città una rinnovata cultura del contemporaneo?
Perché non sia più solo ragù e tortelli la città felsinea non ha bisogno solo di un nuovo quartiere per le sue celebri fiere, ma anche di una normalizzazione dello straordinario.
Auspico quindi che Bologna impari presto ad offrire ai suoi abitanti e visitatori qualcosa di buono ogni giorno, anche se questo volesse dire rinunciare alle grandiose abbuffate di fine gennaio.

Chiara Cartuccia

 

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