Sei qui: Home Magazine ARCHIVIO SC MAGAZINE
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size
Cerca

www.sguardocontemporaneo.it

RUBRICA | La coperta di Lino

Se Marcel non fosse nato ricco...
Comunicazione di servizio: interrompiamo le trasmissioni riguardo l'estetica delle arti multimediali digitali ed il loro odierno stato (a livello speculativo 'interno') per dedicarci ad un'emergenza che è solo apparentemente imprevedibile per queste righe... Io, come chiunque mantenga un minimo di buon senso, non ho mai pensato all'arte come motivo di commercio: disprezzo anzi senza mezzi termini chi, e ce ne sono tanti al mondo, produce oggetti in base alle esigenze di mercato o meglio, seguendo le statistiche di vendibilità del mercato in questione. Questo sistema, a mio avviso comunque avvolto da vari generi di oscurità, può essere e certamente è valido, nel senso degli introiti ottenuti, per molti tipi di impresa commerciale: ma l'arte non è qualcosa di commerciale. Questo non vuol dire affatto che non se ne possa fare commercio, che non ne possa auspicabilmente conseguire un mercato, ma deve essere l'arte a guidarlo e non viceversa. Ho conosciuto molti artisti (tra i più famosi al mondo) che inseguono letteralmente il mercato dell'arte come dei brokers finanziari, alla ricerca di quello che sarà vendibile e non di ciò che 'serve' all'intelletto umano..E non credo sia soltanto un fenomeno contemporaneo.

Questo non mi è mai piaciuto: bisogna inseguire semmai lo stato mobile e in continua mutazione della ricerca artistica odierna e, nell'ambito di questa, cercare di dare qualche contributo. Il mercato deve essere una fase assolutamente successiva e distaccata dalla creazione. Stabilito questo chiarisco immediatamente che l'emergenza a cui mi riferisco è la profonda crisi in cui il mercato dell'arte è caduto e alle drammatiche conseguenze di questa condizione. Escluse le perversioni sorte nel corso del tempo, legate al desiderio di artisti e galleristi di arricchirsi applicando un meccanismo di coatta rimozione delle ragioni dell'arte, cioè dell'ogetto, che dovrebbe però essere il soggetto, di questo mercato malato e ora morente... In Italia ci sono migliaia di artisti accreditati, con tanto di curriculum, a volte di altissimo profilo, eppure in pochissimi riescono a vivere del loro lavoro. Molti addirittura rimuovono il fatto che questo sarebbe ed è un loro preciso diritto! Chiunque dedichi la vita ad una disciplina, e in questa riesce ad eccellere arricchendo la società (e mi riferisco ad un arricchimento che va al di là della cartamoneta), ha il sacrosanto diritto di vivere dignitosamente facendo quello che fa! In molti paesi questo concetto è diffuso e accettato, tanto che esistono sistemi sociali di 'protezione' della produzione culturale (quella vera) che partono, ad esempio, dall'erogare un salario minimo per tutti gli attori del mondo culturale, per assicurargli quantomeno di non morire, artisticamente e/o umanamente e/o fisicamente o vivere in seguito agli andamenti del mercato, qualora esista. Questo tipo d'interpretazione è servito fino al recente passato per proteggere e garantire la possibilità che possa esistere un'arte 'indipendente' e 'd'avanguardia', nel senso anche semplicistico dello 'stare avanti'...


Lino Strangis. Se Marcel non fosse nato ricco...

Si sa che il mercato funziona in modi che possono prescindere dalla qualità della  ricerca, così come è risaputo che spesso le interpretazioni nuove non trovano subito grossi consensi: e quindi vendono poco. Paesi come il Belgio, L'Olanda o il Canada, per fare qualche esempio e non un elenco, hanno ritenuto necessario fare qualcosa per non privare l'intera società dei beni intellettuali che questi attori (artisti,critici e derivati) producono a prescindere dalla loro fortuna di mercato. Anche solo per un eventuale bene futuro dei posteri... Applicate per un momento i parametri che abbiamo qui e immaginate la situazione in cui ci troviamo odiernamente traslandola dalla ricerca artistica e quella scientifica: pensate se per assurdo qualcuno volesse ricercare una cura, che so, per il cancro e debba tristemente desistere dal farlo perché la società non è disposta a garantirgli, per il servizio che offre, neanche la semplice sopravvivenza... Non sarebbe assurdo e tragico? Pensate che esistano solo cancri che si curano nel reparto di oncologia? Voglio credere di no, ma la cosa ancor più pazzesca, pur essendo banalmente vera e verificabile, è che se prima la difficoltà maggiore sembrava quella di comprendere che la ricerca artistica è altrettanto necessaria di quella scientifica, oggi, a ben vedere, ci rendiamo conto del fatto che, alla lunga, non proteggere la ricerca in toto significa non comprenderne il senso. Non a caso oggi in Italia anche la ricerca scientifica si trova in una fase disastrosa e l'ipotesi che con finta ingenuità (quella riferita al cancro) presentavo poco sopra, si mostra tristemente attuale... La capacità di comprenderne l'importanza è una questione prettamente culturale e se non si cura la cultura... Ecco fatto. Nei prossimi appuntamenti proseguiremo a trattare l'argomento entrando nello specifico e cercando di sviluppare un breve resoconto della situazione italiana ed internazionale, sforzandoci di ipotizzare qualche via d'uscita plausibile da questo inferno. Ipotesi per un nuovo mercato e per nuovi sistemi sociali che valorizzino realmente la produzione culturale a livello pubblico e privato.

A presto.

Lino Strangis

 

Pubblica questo Articolo

Facebook Twitter Google Bookmarks RSS Feed