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Motion of a Nation


Costa Vece, Made in Romania (2005),
courtesy Galleria Franco Noero, Torino

Riunire più di 30 opere di oltre 30 autori – fra artisti e collettivi – è roba che spesso e volentieri non riesce nemmeno a un museo. Ecco, se c’è un primo aspetto che salta all’occhio di Motion of a Nation, questo è rappresentato dai numeri che la V.M.21 può vantare: numeri da grande mostra, più che da galleria privata. Il tema è quello dell’identità e dell’appartenenza, incarnato simbolicamente dalla bandiera, oggetto denso di riferimenti e mai come oggi al centro di dibattiti, dispute, contese. Specie nel nostro paese, visto che i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno imposto riflessioni – spesso strumentalizzate – sull’idea di unità nazionale, sulla ricerca di radici comuni e sui legami con la ‘patria’. Francamente il tema non è dei più appassionanti e credo che la vera sfida che la questione pone sia quella di andare al di là del luogo e del ‘diritto di nascita’, ragionando sul coinvolgimento delle nuove generazioni e dei migranti: si può essere ‘attaccati’ e contribuire al miglioramento di un luogo pur non essendovi nati.


Loredana Longo, FLOOR#2- a short walk on a little flag (2010), courtesy Galleria Pantaleone, Palermo

Insomma, penso esista una spinta al ‘bene comune’ che va al di là dei confini nazionali, che può far crescere e incontrare le culture e che tocca principi ed istanze condivise in grado di migliorare il modo di pensare delle persone e la qualità di vita. Preamboli a parte: Motion of a Nation (curata da Antonio Arévalo) s’inserisce nel novero di mostre dedicate al tema dell’identità nazionale, riuscendo tuttavia a distinguersi dalla pletora di esposizioni allestite solo per sfruttare il traino delle celebrazioni per i ‘150’. Motion of a Nation ha infatti il pregio di prendere in considerazione il concetto d’identità tout-court, e non solo in riferimento all’Italia. Gli artisti coinvolti sono italiani, venezuelani,  argentini, cubani, cileni (netta la presenza italo-sudamericana), ma anche slovacchi, svizzeri…Una rappresentanza degna delle Nazioni Unite. Il pensiero degli artisti non è tenuto assieme da una qualche convenzione transnazionale: a unire le opere è una tensione continua fra ironia leggera e rifiuto netto della ‘bandiera’ (intesa come ‘paese’), che si risolve in un senso diffuso di dissacrazione.


Alterazioni Video
, Slovenia: Proposal for a new national flag
(2011),
courtesy dell’artista

Lo dimostrano i lavori di Alterazioni Video (meraviglioso il ciclo di variazioni sullo stendardo della Slovenia, in procinto di cambiare bandiera per meglio distinguersi da altri paesi con colori analoghi), Costa Vece (vera autorità in tema di assemblaggi di tessuti da cui si originano ‘bandiere paradossali’), Loredana Longo (che fa della bandiera italiana uno zerbino calpestabile: forse un’operazione un po’ scontata, ma comunque efficace), Eleonora Chiesa (davvero poetico il suo video con le bandiere ghiacciate appese ad asciugare, fino a quando l’artista, con un gesto liberatorio, decide di farle cadere rompendo il ghiaccio), Marco Bernardi (inquietante la sua bandiera nera che si agita, mossa da un braccio meccanico, simbolo della disperazione come sentimento condiviso). Ma in galleria non sventolano solo vessilli: Valentina Miorandi, per esempio, ha concepito un nuovo inno d’Italia in cui si citano parole prese dalla Costituzione (anche se, con tutta la buona volontà, non ce la vedo la nazionale di calcio inneggiare a «libera scienza e religione»), mentre i ‘guasconi’ – per modo di dire, la loro poetica va in realtà molto in profondità – di Laboratorio Saccardi citano il teschio di Damien Hirst, questa volta tempestato di pasta e non di diamanti (ad indicare come la pasta sia elemento portante del nostro essere italiani. Un attaccamento viscerale, ineludibile, ineluttabile: proprio come la morte).


Eleonora Chiesa,
Frozen Flags (2011), courtesy dell'artista

Bisogna dire che non tutto è degno di nota: talvolta alcune opere paiono didascaliche (gli ‘accoppiamenti’ fra immagini dei regimi nazista e comunista di Gian Marco Montesano), leggerine (la performance architettata da Moio&Sivelli, con una ragazza ad offrire generosamente del caffè – e con esso la propria nudità – in un parco di Londra), pretenziose (la bandiera italiana con la frase ‘gattopardiana’ «Bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi», concepita da Paolo Angelosanto).

In definitiva  la mostra – ‘giovane’ e multimediale – ha il merito di mettere in luce un approccio tipicamente artistico al tema dell’identità, delle origini e dell’amor di patria: l’arte contemporanea va infatti a nozze con la retorica da smontare. Figurarsi quella legata all’appartenenza nazionale.

Saverio Verini


Motion of a Nation
a cura di Antonio Arévalo
dal 18 marzo al 18 maggio 2011
V.M. 21 Arte Contemporanea, Via Della Vetrina 21- Roma
www.vm21contemporanea.com

 

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