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RUBRICA | Reflexioni

'Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono'

Era il 2003 e il lungimirante Gaber cantava cosi. Credo che oggi, questo ritornello, possa cucirsi addosso a molti di noi, nati e cresciuti, per pura coincidenza, in questo Paese.
Un Paese, l'Italia, oggi più che mai dalle mille contraddizioni.
Contraddizioni dolorose che ci lasciano altalenanti sulla bilancia dei 'purtroppo' e dei 'per fortuna'. Certo, direte voi, ogni Paese ha mille sfaccettature, non solo il nostro. Ed è vero.
Ma noi, guardandoci attorno, troppo spesso ci sentiamo feriti dalla pochezza dell'offerta di chi questo paese ce lo vuole raccontare. Nella semplificazione dello stereotipo e delle macrocategorie ci raccontano di un paese di nani, ballerine e lacchè. Oppure, senza mezzi termini, cercano di convincerci che tutto va bene, restiamo santi, navigatori ed eroi. Ma tra i due estremi cosa c'è nel mezzo? Probabilmente quel Paese che in pochi ci raccontano.

Ecco perché anche solo la scelta di un nome può essere significativa, può essere indicazione di una progettualità.
Ecco perché un collettivo di fotografi può decidere di chiamarsi Micro photographers.
E può decidere di concentrarsi su piccole realtà e su storie che solitamente i riflettori non illuminano. Ed ecco che  si rinuncia ad una voce unica per una pluralità di punti di vista.
Il collettivo, nel 2010, ha curato un progetto (prendendo spunto dall'idea realizzata in Usa e negli Uk da Stuart Pilkington) anch' esso dal nome profetico: Voices From Italy.
Il progetto è ambizioso: 20 fotografi sparsi per le 20 regioni d'Italia e cinque categorie da raccontare: people, habitat, work, landascape, common place, the italian miracle.
Il risultato è un puzzle di storie, di luoghi, di frammenti di Italia. Come dichiarato esplicitamente,  la pretesa non è quella di essere esaustivi, ma di mostrare una parte di quelle moltitudini che ci compongono, di mettere l'accento sullo 'stimolare la curiosità verso e attraverso diversi punti di vista'.
Assistendo alla proiezione per Fotoleggendo ho avuto la sensazione di guardare qualcosa che, in fondo, conoscevo bene. Qualcosa di familiare e di vicino, qualcosa che mi apparteneva, un paese reale al di là di ogni sensazionalismo, una sorta di viaggio in 20 regioni dove si alternano strade accidentate e panorami fieri. Qualcosa che andava rispolverato, abbassando il rumore di fondo di un circuito mediatico che troppo spesso ci assorda.


Valeria De Berardinis

 

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