Sei qui: Home Magazine ARCHIVIO SC MAGAZINE
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size
Cerca

www.sguardocontemporaneo.it

Edward Hopper

È in corso a Milano, al Palazzo Reale, fino al 31 gennaio, la prima antologica in Italia su Edward Hopper, curata da Carter Foster e promossa dal Comune di Milano – Cultura e dalla Fondazione Roma in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York e la Fondation de l’Hermitage di Losanna, che farà tappa anche a Roma e a Losanna.  L’esposizione, che abbraccia tutto il percorso dell’artista, dagli esordi a Parigi al periodo più noto, che va dagli anni ’30 agli anni ’50, sino agli ultimi anni della sua attività, è notevole per l’intento di ricostruire la complessità della vicenda artistica di Hopper, il quale, avulso da sempre alle etichette, porta avanti un linguaggio che è contemporaneamente autonomo e figlio dei tempi. La mostra delinea il percorso di Hopper attraverso opere meno note al grande pubblico, il quale, forse, si sarebbe aspettato qualche capolavoro in più. Ad ogni modo i lavori in mostra, anche quelli sconosciuti o meno noti, sono interessanti perché dimostrano le qualità eccelse di Hopper, ed evidenziano, già in quelle degli esordi, una padronanza tecnica e uno stile personale in cui la luce si conferma tratto dominante, qualunque sia il soggetto rappresentato e il mezzo espressivo usato.  Centosessanta opere tra oli, acquerelli, disegni e incisioni che sono divise per sezioni e seguono una scansione cronologica e tematica. Dalle prime opere, dagli autoritratti e le illustrazioni, si passa a quelle del periodo parigino, durante il quale Hopper studia gli impressionisti ed è attratto dal tema della città. I suoi soggetti sono i ponti, scorci architettonici, paesaggi urbani e descrizioni di interni, ma anche la gente osservata per strada: si tratta per lo più di passanti, prostitute, avventori dei caffè, ritratti attraverso gli acquerelli. La città di Hopper è sempre venata di malinconia e disincanto e rifugge dai bagliori della metropoli. Gli oli del periodo parigino sono inizialmente di piccolo formato e scuri, poi via via la tavolozza si fa più luminosa e la pennellata più sommaria, ma l’immagine della città mantiene peṛ quell’aspetto di solitudine e di inquietudine. “Soir Bleu” del 1914, realizzato in America ma ancora di matrice francese, ci mostra il tipico “caffè” frequentato da personaggi inquietanti e squallidi che rivela, da una parte l’influenza di Degas, per il taglio dell’immagine, la sua costruzione (come l’elemento del palo che va ad occupare e a coprire una parte del primo piano dell’immagine) e il tranche de vie rappresentato; e dall’altra l’influenza di Lautrec. Con quest’opera l’artista si cimenta per l’ultima volta con un soggetto francese dipinto con colori accesi. La mostra a seguire ci documenta le incisioni, caratterizzate da un tratto preciso ed elegante, grazie ai quali l’artista riscuote riconoscimenti da parte della critica e vince premi importanti. “Evening Wind” del 1921, è un’opera straordinaria, che riesce a comunicare nella quotidianità della scena suspence, fascino e mistero: una donna nuda, mentre scende o sale su un letto disfatto, sorpresa dal colpo di vento che agita le tende, di colpo dà le spalle allo spettatore per girarsi a guardare verso la finestra aperta.  Interessante poi la presenza di molti disegni e studi preparatori a cui è dedicata una sezione della mostra e che accompagnano alcune opere, svelando la metodologia di Hopper: la singola opera è la sintesi di tanti immagini e tanti momenti diversi rielaborati dallo sguardo personale dell’artista che non riproduce immediatamente sulla tela cị che ha davanti a sé ma il ricordo della realtà, tanto che questa, anche se riconoscibile e spesso descritta minuziosamente nei dettagli appare avvolta da una atmosfera misteriosa e sfuggente, quasi metafisica. Il senso di attesa domina nei suoi quadri e sottintende qualcosa che accadrà da un momento all’altro o che forse è già accaduto o che forse non avrà mai luogo, lasciando lo spettatore spiazzato e allo stesso tempo affascinato dall’indecifrabilità della scena che osserva. Tra le opere di questa sezione è messa in evidenza  “Morning Sun” del 1952, accompagnata dai disegni preparatori e dagli schizzi, e da uno dei famosi taccuini dell’artista, “Artist’s ledger Book”, che il visitatore ha la possibilità di sfogliare in una riproduzione virtuale tramite touch screen. Da “Surning Morning”, tra l’altro, è stata ispirata l’installazione interattiva e multimediale di Gustav Deutsch “Friday, 29th August 1952, 6 A.M., New York” che ricostruisce la scenografia raffigurata nel dipinto e che dà la possibilità allo spettatore di interagire con essa entrando nello spazio e nella scena del quadro di Hopper.  Un’altra sezione della mostra rende omaggio all’erotismo nelle opere dell’artista, con scene dai tagli cinematografici e dalla presenza di donne nude o seminude colte in momenti intimi, nelle proprie stanze mentre sono assorte nei propri pensieri (guardano fuori dalla finestra o sono piegate su se stesse o girate di schiena), senza che se ne riesca a scrutarne pensieri e emozioni. Dai nudi in interni degli anni dieci del novecento ai nudi degli anni trenta lo stile cambia, il corpo si irrigidisce ed è come pietrificato dalla luce. Queste opere comunicano un maggiore senso di solitudine ma soprattutto di isolamento urbano, tema tipico dell’Hopper di questo periodo. La solitudine non solo degli uomini nella metropoli ma a volte anche della natura o dei segni della civiltà (come case, pompe di benzina, fari, ecc.). Proprio quest’ultimi appaiono a volte sperduti e in bilico in una natura incontaminata, oppure è proprio la natura incontaminata che appare minacciata perché attraversata dai segni della civiltà e della modernità (passaggi a livello, fari, case). Sono molto suggestive le opere che ritraggono le piccole casette di campagna e le lunghe distese dei campi e delle colline. La capacità di Hopper di rendere speciali scene banali è testimoniata in questa mostra anche da Cape Cod Sunset del 1934, Second Story Sunlight del 1960 e da A Woman in the Sun  del 1961. Delle famose pompe di benzina hopperiane qui troviamo come testimonianza solo degli schizzi, e coś come sono poche le opere sui fari. Come d’altronde afferma il curatore, la mostra è incentrata soprattutto sul processo artistico dell’artista, quindi la relazione tra disegni e dipinti, e sulla formazione della sua poetica negli anni giovanili.   Hopper rimane coerente nell’arco della sua carriera alla sua visione e al suo stile, senza distogliere l’attenzione dalla pittura. D’altronde egli stesso affermava che nello sviluppo di ogni artista la base dell'opera matura nasce nei primi lavori. Pertanto riteneva che l’artista rimane concentrato su stesso, su cị che per lui è importante, anche se le mode cambiano, coś che poco o nulla influenza le sue scelte e ne determina il percorso artistico. D’altronde ad Hopper gli accostamenti ad altri artisti e movimenti non piacciono; la pittura per lui è l’espressione del mondo interiore e culturale dell’artista, e non necessariamente  del contesto di cui fa parte. Sebbene i soggetti che dipinge appartengano al nostro immaginario dell’America e siano radicati a quel contesto (i motivi rurali, le scene di piccole città, gli scorci delle metropoli, paesaggi e scene della vita americana) egli rimane fedele a cị che gli detta la sua visione interiore.

Ida Tricoli


Edward Hopper

a cura di Carter Foster

dal 14 ottobre al 31 gennaio 2010

Palazzo Reale, Piazza Duomo 12 - Milano

www.edwardhopper.it

 

Pubblica questo Articolo

Facebook Twitter Google Bookmarks RSS Feed