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NUNZIO DE MARTINO. LA LEGGEREZZA DEL RESPIRO

La galleria CHANGING ROLE è stata inaugurata circa due anni fa nel cuore di Roma, in una delle stradine strette e umide dietro Piazza Campo de’ Fiori. L’ambiente è molto suggestivo: tre sale, di cui una al piano superiore e due situate al livello inferiore, dalle pareti ruvide e alte che isolano dai rumori esterni e generano un’atmosfera silenziosa e meditativa. Lo spazio ospita la prima mostra personale a Roma dell’artista napoletano Nunzio De Martino (classe 1967), che ha esordito nella sua città natale nel 2005, nella sede partenopea della CHANGING ROLE. Entrando nella galleria ci si imbatte nel primo gruppo di lavori: due fotografie e una scultura. “La leggerezza del respiro”, che dà il titolo alla mostra, è il nome della fotografia fatta da De Martino a un’opera del Mantegna raffigurante il Cristo morto steso sul sudario. È un’operazione meta-artistica di grande interesse, una rielaborazione del lavoro quattrocentesco che trasforma la forte intensità dei volti delle figure in espressioni asettiche rese tali dall’uso del bianco e nero. A una tema cristologico si richiama inoltre l’altra fotografia, lunga tre metri, collocata sulla parete di sinistra. Il titolo, “L’evento”, evoca apparizioni mistiche e circostanze sacre. Osservandola si capisce il perché. Su una distesa di mare, in un cielo viola-lilla il sole esplode nella sua luminosità accecante, allungandosi in una deflagrazione di energia. L’allusione è forse al momento successivo alla morte di Cristo, quello della sublimazione della vita sotto forma di spirito. Volendo fare i sofisti, anche la terza opera presente nella sala potrebbe contenere dei richiami biblici. “L’abbraccio”, coś è intitolata, propone due bicchieri, uno viola e uno giallo, che si curvano leggermente uno verso l’altro, quasi a volersi avvicinare. Secondo i Vangeli apocrifi, il concepimento di Maria da parte di Gioacchino e Anna non avviene forse con il famoso abbraccio alla Porta Aurea? E l’abbraccio non ricorda quello che si produce tra Maria e Elisabetta, incinta una di Gesù e l’altra del Battista?  Ma le speculazioni teoriche non portano alla comprensione formale dell’oggetto artistico, che, nel caso de “L’abbraccio”, risulta essere particolarmente intrigante. A ben guardare, infatti, le linee dei due bicchieri hanno un significativo precedente formale: la serie di diciannove elementi cavi, simili a bicchieri, che l’americana Eva Hesse aveva disseminato sul pavimento dei musei d’oltreoceano alla fine degli anni Sessanta. Nel suo caso, la superficie degli oggetti era ruvida e irregolare, diversa da quella netta e levigata di quelli di De Martino. La curvatura, peṛ, è un elemento comune ai due che - fattore più importante - ci indica in che direzione guarda l’artista italiano. Eva Hesse pụ essere associata infatti alla stagione minimal dell’arte americana, assieme a Donald Judd e Sol LeWitt, che com’è noto si era proposta di enfatizzare l’oggettualità e la fisicità dell’opera, intensificando l’autoreferenzialità dell’oggetto artistico e riducendone il contenuto soggettivo.  Queste sono infatti le caratteristiche che si incontrano nei lavori di De Martino al piano inferiore della galleria. Una coppia di fotografie che ritrae un medesimo soggetto: un ramo spinoso ingrandito a dismisura, che in una si staglia su un fondo bianco, nell’altra su uno nero, riprendendo la dialettica tra i due colori cara all’artista. Sono un dittico suggestivo, il cui soggetto pụ raccordarsi alle tematiche proposte al piano superiore, alludendo alla corona di spine indossata da Cristo. Le due fotografie, peṛ, non sono solo accattivanti per questo richiamo interno; la loro forza nasce infatti dal dialogo con il luogo espositivo, sotterraneo e raccolto. Il ramo spinoso, ingrandito, diviene inquietante; la sua presenza, muta, è echeggiata dal silenzio della sala. La sensazione di minaccia che le enormi spine attivano in chi le guarda è intensificata dalla scultura al centro della sala successiva. “White Flux” è una massa di 7100 fili di cotone che si affollano uno sull’altro, apparendo come una testa umana canuta vista da dietro. Il bianco intenso del lavoro e la somiglianza di quest’ultimo con un capo umano generano nuovamente un senso di disagio, quasi come se ci si aspettasse che da un momento all’altro qualcosa debba accadere, animando la massa di capelli e rivelando il volto che si cela dietro di essi. A concludere la mostra sono invece una coppia di quadri intitolati “Sovrapposizioni”: superfici di similpelle, attraversate da segni di cuciture, che sollecitano la curiosità tattile di chi guarda, trattenuto a stento dal carezzarle con la mano. Quest’ultima sala si discosta dalle precedenti in quanto enfatizza l’aspetto materico dell’oggetto artistico, differenziandosi dalla riflessione di tipo formale e concettuale dei lavori precedenti. Queste opere mantengono peṛ un legame con le altre presenti in mostra nel riattivare il gioco tra la cromia bianca e quella nera. Il lavoro di De Martino si caratterizza dunque come un’attività raffinata e controllata, che tuttavia non lo condanna a una monotona serialità. Come dimostrato dall’eterogeneità delle opere proposte, De Martino si impegna a variare di continuo il suo mezzo espressivo, passando dalla fotografia, alla scultura e al quadro “tattile”, opere tutte realizzate in contemporanea nel 2009 e attestanti la ricchezza e versatilità del suo vocabolario creativo.

Francesca Castiglia


NUNZIO DE MARTINO

a cura di Guido Cabib

dal 15 ottobre al 28 novembre 2009

Galleria CHANGING ROLE, Vicolo del Bollo 13 - Roma

www.changingrole.com

 

 

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