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La mostra Fare Mondi negli spazi dell’Arsenale

La 53ª Esposizione Internazionale d’Arte si apre negli spazi dell’Arsenale con un’opera forte, di grande impatto, meravigliosa e poetica, l’installazione di Lygia Pape. Alcuni hanno sostenuto che l’opera della Pape, assieme a pochi altri lavori dei grandi artisti, valgono la visita a questa Biennale: la grandiosità di queste opere, in effetti, lascia una traccia profonda nello spettatore, il quale non è più lo stesso una volta che le ha contemplate, attraversate, esperite; la sua stessa visione del mondo si amplia e si arricchisce. Ad ogni modo la mostra non finisce qui, ma prosegue con tanti artisti emergenti, meno noti, che riservano peṛ piacevoli sorprese e contribuiscono a rendere questa Biennale interessante e ricca di spunti.  Questa edizione lascia spazio alle nuove leve e indaga i nuovi linguaggi ma allo stesso tempo omaggia il passato ospitando importanti presenze nel tentativo di trovare un rapporto di continuità tra le diverse generazioni. Allo stesso modo porta avanti una riflessione sulle possibili strade che l’arte potrebbe intraprendere in futuro e lo fa prendendo spunto dall’arte del recente passato, non per motivi nostalgici ma, secondo il curatore della mostra, nell’ «intento di trovare strumenti per il futuro e rendere possibili nuovi inizi». Forse sottolineare l’importanza della memoria storica ha un significato per le nuove generazioni: solo la memoria e il sapere rendono veramente liberi e consentono di arrivare con consapevolezza a nuove espressioni artistiche.  Il più giovane curatore di tutti i tempi della Biennale, lo svedese Daniel Birnbaum, riunisce la mostra dell’Arsenale e quella dei Giardini intorno al titolo “Fare Mondi”, ed è proprio questo tema la linea di congiunzione tra i diversi artisti presenti e le loro opere, queste ultime da considerare appunto, secondo il curatore, non semplici oggetti da museo ma vere e proprie visioni del mondo.  Ad ogni modo al di là di linee comuni o divergenti cị che conta è il risultato raggiunto: una mostra coinvolgente che riesce anche a fare luce sui nuovi indirizzi e i più recenti aspetti dell’arte contemporanea e a far riflettere sul suo ruolo e i suoi strumenti.   Ed ecco allora che questo percorso all’Arsenale si apre con la già citata Lygia Pape (artista brasiliana, scomparsa nel 2004, che ha ricevuto una menzione speciale da parte della giuria della Biennale) con l’installazione  Ttéia 1, C  . Una scultura di luce che, con i suoi fili d’oro, tesi tra il pavimento e il soffitto, illumina uno spazio circoscritto immerso nel buio. Tali fili sembrano dei raggi di sole che scendono dal cielo e si intrecciano elegantemente tra loro. Ad ogni modo la visione e la percezione di essi è mutevole, non è mai una vera e propria percezione “fisica”, perchè questi fasci di luce si smaterializzano a poco a poco, a seconda del punto di osservazione, si perdono nel buio e riaffiorano da esso in continuazione in una atmosfera magica ed eterea. Si continua con un altro artista importante come Pistoletto che, in linea con la sua ricerca, crea tanti piccoli mondi riflessi nei frammenti degli specchi infranti nel corso della sua performance. Interessante poi la riflessione ecologista sui mondi possibili che passa attraverso l’opera di Marjetica Potrč, Yona Friedman e altri. La Potrč propone nei suoi disegni, accompagnati da didascalie, un nuovo modello urbano basato su un maggiore contatto con la natura: l’arte in questo caso cerca di proporre soluzioni architettoniche e nuovi modi di vivere e affrontare coś a viso aperto i problemi causati dal consumismo, dall’inquinamento e in parte anche dalla globalizzazione. Una sorta di trattato ecologista che incita a proteggere la natura e propone un modello di vita alternativo, rurale, applicabile a livello globale.  Belli i quadri di Simone Berti che presentano forme floreali e meccaniche che convivono nello stesso spazio e d’impatto l’installazione di Richard Wentworth che scopre nuovi usi per gli oggetti quotidiani.  Altre opere invece chiamano in causa lo spettatore in modo attivo e in maniera ludica: dalle cartoline gratuite di Venezia di Aleksandra Mir che gli spettatori spediscono a chi desiderano, facendo vivere coś l’opera al di là dei confini dello spazio espositivo, alle sculture “gioiose” di Miranda July che richiedono la collaborazione dello spettatore e che viaggiano per il mondo attraverso i video e le fotografie delle persone che vi hanno interagito. Altre emozioni sono suscitate da opere che ancora una volta si affidano a un gioco di luci, come quelle di Grazia Toderi e Chu Yun. La prima presenta un suggestivo video che mostra una città vista dall’alto, nella quale ogni elemento è indistinguibile perché appare sotto forma di punto luminoso, creando coś tante altre composizioni o mondi, immaginari e astratti. L’artista cinese invece con semplicità e naturalezza emoziona raggiungendo elevate qualità estetiche: in una stanza buia tante piccole luci lampeggiano e creano una sorta di piccolo universo, l’opera si chiama infatti “Constellation”. Superato lo schock iniziale del buio l’occhio scorge nei puntini luminosi le spie di vari e vecchi elettrodomestici dormienti, semplici oggetti quotidiani che svincolati dalla loro funzione sono riuniti insieme per creare, a sorpresa, un mondo nuovo e palpitante. Intensa anche l’ultima sala che chiude il percorso della mostra Fare Mondi negli spazi dell’Arsenale e che vede contrapposti la gigantesca opera del cinese Huang Yong Ping e la luminosa installazione dell'americano Spencer Finch. Al di là che le opere in mostra all’Arsenale si pongano delle domande sul mondo, oppure esprimano semplicemente valori estetici fini a se stessi, o interagiscono con le varie arti, o giochino in modo divertente con le nostre percezioni, esse coinvolgono in modo deciso sia emotivamente che intellettualmente.  L’esposizione non si distingue per una omogeneità di linguaggi ed è forse proprio questo il merito di questa edizione, non accostare a tutti costi opere diverse per cercare una linea comune anche quando non c’è. Semmai l’intento è quello di trovare le origini di queste opere, capire la continuità e il rapporto con il passato. Così si lascia spazio alla pluralità di voci senza imposizioni e forzature, senza schemi ideologici, ed è forse proprio da qui che pụ ripartire una riflessione più profonda e innovativa sulle questioni del mondo e dell’arte.

Ida Tricoli


Biennale Arte 53. Esposizione Internazionale d'Arte Fare Mondi

a cura di Daniel Birnbaum

dal 7 giugno al 22 novembre 2009

Corderie dell'Arsenale - Venezia

www.labiennale.org/it/arte/esposizione/

 

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