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Roma in fotografia: tra la città “oculta” di Verdezoto e quella “di mezzo” di Tillim

Ogni anno al Festival della Fotografia, oltre all’esposizione delle opere raggruppate intorno a un tema comune (quest’anno la gioia e le sue declinazioni), viene dato spazio a fotografi che rivolgono per l’occasione il loro obiettivo sulla città di Roma, sede ospitante della manifestazione. Per l’edizione 2009, nella sala Sala della Fontana del palazzo delle Esposizioni, in  via Milano 13, ci raccontano Roma l’ecuadoriano Geovanny Verdezoto e il sudafricano Guy Tillim. Il primo, vincitore lo scorso anno del premio IILA, assegnato da Fotografia e dall’Istituto Italo-Latino Americano, nel corso di un soggiorno di un mese nella capitale, realizza delle fotografie che colgono l’aspetto multietnico della città, mentre il secondo artista, Tillim, ritrae una Roma lontana dall’immaginario turistico, con scorci inediti avvolti da una atmosfera uggiosa: entrambi portano la loro riflessione sulla quotidianità, osservata dallo sguardo disincantato di uno spettatore “straniero”.   Verdezoto muove la sua macchina nella parte “altra” della città, nei luoghi dove “stranieri romani”, persone provenienti da altre nazioni ma che abitano, si incontrano, lavorano a Roma, vivono un’esistenza ai margini, con la sensazione di non essere mai integrati del tutto, anche nelle migliori delle ipotesi. Un reportage quello dell’appena venticinquenne artista ecuadoriano che con obiettività mostra allo spettatore gli stranieri che ogni giorno vivono Roma sotto gli sguardi indifferenti di molti. Dal mercato di Piazza Vittorio, quartiere multietnico per eccellenza, ai Phone Center, dove ogni giorno si affollano stranieri che cercano di mettersi in contatto con le proprie famiglie rimaste nei paesi di origine. Poi immagini di feste tradizionali che le comunità extracomunitarie di Roma celebrano spesso nei parchi della città, per mantenere un legame identitario con la propria terra.  Ogni opera è costituita da più immagini dello stesso soggetto, osservato da angolazioni diverse, montate insieme. Le singole fotografie sono quindi il montaggio in un’unica immagine di una sequenza di scatti che corrispondono non alla perfetta ricostruzione della realtà, ma alla visione dell’artista che attraverso questo espediente esprime le sue idee e un modo di guardare alla realtà più acuto, al di là delle apparenze. Questa costruzione dell’immagine successiva agli scatti permette a Verdezoto di cogliere, decidendo cosa inserire e cosa tralasciare, stili di vita e aspetti della quotidianità spesso inosservati. Uno smontaggio e una ricostruzione dell’immagine della realtà per restituire allo spettatore la sua personale visione di Roma, complessa e mutevole. Le fotografie inoltre esprimono una grande vivacità di colori e richiamano perfettamente quegli aspetti che caratterizzano le comunità multietniche della capitale. Le fotografie di Guy Tillim ci mostrano invece una Roma insolita, grigia, vuota, silenziosa. I suoi scatti colgono momenti di malinconia di una città deserta quasi surreale per certi versi lontana dal comune immaginario di una metropoli bloccata dal traffico e animata dal flusso continuo di turisti. In realtà Roma è anche questa e l’occhio sensibile di Tillim lo ha saputo vedere e riconoscere. L’artista ha colto sapientemente le contraddizioni e i momenti di pausa di questa città, come se vi vivesse da sempre e senza farsi distrarre dai fasti gloriosi dell’antico passato. La sua Roma è una “città di mezzo”, quella del degrado urbano che chiunque pụ osservare nel bel mezzo della via ostiense sullo sfondo dell’incantevole Piramide Cestia e delle mura, o quella di via Giuseppe Acerbi, un’anonima strada con saracinesce rotte e una fila di macchine parcheggiate sullo sfondo della quale si staglia uno dei gazometri della città. Ma fanno parte di quella “città di mezzo” anche i fili elettrici che corrono sopra i tetti dei tram nei pressi di piazza Vittorio, tracciando un intrico disegno nel cielo, e che si trovano nel bel mezzo dei palazzi della zona. Tutti dettagli quotidiani sullo sfondo di una città storica.  Bellissime poi le foto di “Ponte Flaminio” e di un particolare all’interno del giardino di “Villa Medici”, entrambe poetiche e malinconiche. La prima ci presenta il ponte umido per la pioggia, vuoto da macchine e da qualsiasi altra presenza, poco “glorioso” sotto un cielo minaccioso e con alle spalle la città con i palazzi avvolti nella nebbia. La seconda fotografia invece mostra non il bel palazzo di Villa Medici, ma uno scorcio anonimo del suo giardino il cui terreno mostra delle foglie di un colore quasi innaturale, un grigio carico, che le fa apparire quasi pietrificate dal freddo.  Tutte fotografie a colori quelle di Tillim in mostra, ma che ritraggono Roma con una luce fredda e distaccata quasi ci si trovasse di fronte a una città del nord Europa.  Questa mostra dedicata a Roma all’interno del Festival della Fotografia è consigliata a tutti coloro che amano questa città e che si interrogano sulle sue bellezze e sulle sue innumerevoli contraddizioni.

Ida Tricoli


Geovanny Verdezoto “Roma Oculta” e Guy Tillim “Roma, città di mezzo” al Fotografia - Festival Internazionale di Roma

a cura di Marco Delogu

dal 29 maggio al 2 luglio 2009

Palazzo delle Esposizioni, via Milano 13 - Roma

www.palazzoesposizioni.it

 

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