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Fotografia di fine anno

Gran bella sede, non c’è che dire! Un gran bel loft che è certo stimola la creatività e fa venire voglia di fare qualcosa di nuovo ed importante. Bisogna cercare di rimanere fedeli alla storia: prima Ex Pastificio Cerere: luogo di incontro, scambio e creazione artistica e ora Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata...denominazione altisonante. Si studia, si impara, si ricerca, ci si propone. Ed è l’intento della mostra inaugurata il 9 luglio, quello di presentare i lavori degli allievi che sono impegnati all’Istituto. All’interno del circuito del Festival di Fotografia di Roma, una mostra di fine anno, un saggio finale di un primo percorso di studio, per mettere a frutto le competenze che si è cercato di acquisire, per provare, provarsi ed esporsi. C’è un’impostazione molto contemporanea nella visione della fotografia; sono foto artistiche non c’è dubbio, ma che guardano nettamente al mondo della moda. C’è quindi la consapevolezza di fondo che la fotografia oggi più che mai sia comunicazione pubblicitaria più che evocazione. La missione della scuola sembra quella di fornire agli studenti ś gli strumenti più innovativi e validi ma soprattutto quella di indirizzarli per l’inserimento nel mondo del lavoro. Se certamente c’è la volontà di far sviluppare agli allievi autonomamente un proprio talento creativo non si spiega perché in mostra i molti scatti non propongono generi diversi.  Si passa giusto dalla fotografia di moda al ritratto (a volte di stile documentaristico).  Dopotutto è questo il programma del terzo ed ultimo anno accademico.  In sé, coś, la mostra ha una certa omogeneità e coerenza ma queste sono caratteristiche che certo non ci si aspetta da una mostra di fine corso dove (teoricamente) ogni allievo si presenta e saluta il pubblico attraverso il proprio modo (stile) di raccontare l’immagine e (è auspicabile) si differenzia dagli altri contribuendo ad una rassegna di lavori unici e identificabili. In altro modo l’omogeneità e coerenza, che spesso si cercano in altre mostre, qui danno solo piattezza e non fanno venire fuori grande originalità seppure la tecnica e lo stile degli autori prometterebbero altro. Lo scatto di Fausto Favetta, amabilmente reso attraverso l’uso di colori, appare come quello più dissimile dagli altri. Un uomo ad una tavola presenta mezzo uovo sodo. Qui è più creazione artistica, più sentimento dato da colori vividi e freddi, una fotografia fortemente costruita, un soggetto con mille rimandi storico-iconografici, una fotografia di grande impatto. Tra i ritratti colpiscono molto anche quattro opere (non a caso messe insieme in un’unica parete) di altrettanti autori dove l’elemento “di studio” sono gli occhi. In una (Damiano Carelli) gli occhi di un ragazzo sono contornati da grosse e rosse occhiaie, un po’ come succede nella foto di Silvia Ponticelli (molto presente in mostra) dove peṛ le occhiaie, in una ragazza, sono più tradizionalmente nere. Luca Stabile utilizza invece numerose mani per dar risalto agli occhi del suo modello, mentre Claudio Lanzi elimina ogni elemento e lascia tutto al naturale. Un’immagine aperta, molto ariosa restituisce il volto quasi etereo di una ragazza.  Ci si poteva aspettare di più, per vivacità ed intraprendenza, come in altre occasioni mi è capitato di vedere dagli allievi dell’Istituto. Tuttavia le foto sono ben fatte e dimostrano che lo studio funziona! La mostra, ad ingresso libero, rimarrà aperta fino al 30 settembre, dal luned́ al venerd́ dalle 9.00 alle 19.00 (chiuso il mese di agosto).

Fabrizio Manzari


ISFCI

dal 9 luglio al 30 settembre

via degli Ausoni 1 - Roma

www.isfci.com

 

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