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Ange Leccia et le Pavillon al Musée Bourdelle di Parigi

Gessi, bronzi, marmi: tutta la collezione permanente ospitata nel piacevole e semisconosciuto museo dedicato allo scultore Antoine Bourdelle, che fu allievo di Rodin e maestro di Giacometti, si ritrova, ormai da cinque anni, a dialogare con la creazione contemporanea. Un ospite un po’ insolente, che arriva a stravolgere la serenità del luogo, con delle proposte passionali, spesso audaci. Dopo Luciano Fabro, Alain Séchas e Gloria Friedman, il sito accoglie Ange Leccia con la sua opera cinematografica inedita “Antoine Bourdelle”. Sorprende ancora di più, dopo la visita al museo-atelier, l’odissea fantasmatica  nell’universo della scultura di Bourdelle proposta da Leccia, che si trova ad affrontare tête à tête  la densa monumentalità delle figure del maestro, cui è difficile avvicinarsi senza timori. Ange Leccia sceglie il film per approcciare queste imponenti masse con il loro apparentemente invincibile immobilismo, nonché per prendere in contropiede l’estetica bourdelliana improntandola su di un opposto vocabolario: fragilità, flusso, sensualità. A colori ed in bianco e nero, il film, in tutto una quindicina di minuti ritmata dal contributo sonoro di Frédéric Sanchez, s’installa nelle tre sale in successione nel cuore dello spazio dedicato a mostre  ed installazioni temporanee. Tre proiezioni , tre abbozzi narrativi, tre schermi su cui le silhouettes, le stesse incontrate durante la visita al giardino e alle sale del museo, sono investite da una sorta di trascendenza : stravolta coś la loro apparizione, resa appena tangibile da un fascio che le illumina solo parzialmente, Leccia getta un dubbio sulla loro realtà pietrifica. La realizzazione stessa delle immagine cinematografica sembra voler offuscare la nostra percezione. Una giovane donna e  la confusa luce della torcia diventano l’unica guida per il visitatore, volontariamente sperdutosi nell’oscurità; una vera e propria immersione notturna negli spazi museali, compresi quelli solitamente inaccessibili al pubblico come i magazzini sotterranei. E sembra prendano vita quei volti affondati nel buio dei polverosi depositi, viene meno il loro stato di statue, raggelate dalla perfetta insensibilità del marmo levigato.  Esse diventato una folla in preda a sentimenti di inquietudine, erranti e anonime, ‘vittime’ di questa impercettibile trasformazione, incredibilmente rinforzata dalla composizione di Frédéric Sanchez: una sorda e immersa sonorità traduce la monumentalità delle figure, come un terremoto che precede il loro risveglio. Finalmente, una possibile umanità delle sculture è resa coś evidente che, anche il contatto con la calda carne nuda della ragazza risulta superfluo nel voler mettere in luce dei legami peraltro già flagranti. Mentre Ange Leccia abborda direttamente l’opera di Bourdelle, i giovani artisti del Pavillon, laboratorio di creazione del Palais de Tokyo, affrontano un’altra nozione cara allo scultore, quella dell’atelier. Una moltitudine di interpretazioni, dal luogo concreto allo spazio immaginario, che ha il merito di sapersi adattare a questo luogo multifunzionale, appropriandosi totalmente dell’architettura del museo, che indubbiamente continuerà a giovare dell’invasione e dell’ospitalità concessa agli artisti del contemporaneo.

Nicoletta Guglielmucci


Ange Leccia et Le Pavillon

a cura di Juliette Laffon

dal 3 aprile al 30 agosto 2009

Musée Bourdelle, 18 rue Antoine Bourdelle, Parigi

www.bourdelle.paris.fr

 

 

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