Sei qui: Home Magazine ARCHIVIO SC MAGAZINE
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size
Cerca

www.sguardocontemporaneo.it

SociArt network

Confesso una certa avversione nei confronti dei cosiddetti “social network”. Non tanto per il medium in sé, quanto per l’uso che se ne fa e per la sovraesposizione continua cui questi “strumenti di psicanalisi di massa” sono sottoposti. Certo, giudicarli negativamente a prescindere equivarrebbe a dire “la tv produce solo immondizia” o “si stava meglio quando i cellulari non esistevano”; è palese che anche i vari FaceBook, Myspace e compagnia bella assolvano degnamente alla loro funzione iniziale, tenere in contatto le persone. Tuttavia gli effetti collaterali si sono mostrati forse più dannosi rispetto ai possibili benefici, col risultato che molti utenti sono passati da una moderata “assunzione” ad un “accanimento terapeutico”, quasi fossero tossicodipendenti sotto metadone. Alla fine ho l’impressione che Facebook sia diventato una forma di controllo e di conformismo (della serie “se non ce l’hai, sei fuori”), regolato da un appiattimento culturale e non dalla volontà di reale scambio, un modo subdolo di farsi i “fatti altrui”. Panni sporchi, amicizia lunga. Mi sono avvicinato con malcelato sospetto alla mostra “Faceback”, presso la neonata galleria “Ingresso Pericoloso”. Non tardo molto a capire il perché del nome della galleria, visto che all’entrata, nell’ordine, rischio subito un clamoroso “teletrasporto” giù per le scale ed una capocciata in fronte. Il percorso espositivo presenta senz’altro meno insidie per l’incolumità fisica. Complessivamente una decina di stampe fotografiche con il medesimo tema: uomini e donne ritratti singolarmente, tutti con stesso vestiario/posa, ma con mimiche ed espressioni differenti. L’insieme degli scatti è il risultato di un happening realizzato il giorno dell’inaugurazione dall’autore del progetto “Faceback”,  Giuseppe Rado, il quale ha creato un set fotografico ad hoc; in una stanza della galleria ha invitato i presenti a posare uno alla volta con occhiali neri e maglietta bianca (gli stessi per tutti, peraltro oggi visibili in una teca a testimonianza dell’azione), su un unico sfondo bianco. Alle persone ritratte veniva offerto un solo modo per differenziarsi: l’espressione del volto. L’idea ha un suo perché concettuale: il medesimo abbigliamento di base rappresenta l’interfaccia di Facebook, piattaforma identica per chiunque; la diversità delle mimiche indica invece l’opportunità di poter dare un taglio personale ai contenuti della propria pagina da parte di ogni iscritto al social network. Una sorta di piccolo inno alla “custimizzazione”, un’affermazione dell’individualità/identità che, nonostante tutto, viene garantita anche su Facebook. Una riflessione attuale, di sicuro una delle prime a livello artistico su un tema coś caldo. Tuttavia a me sembra che la mostra non faccia altro che grattare la pancia agli utenti di Facebook, senza mettere in risalto – cosa a mio avviso più interessante – le crescenti perplessità e problematiche legate al suo utilizzo (in primis il progressivo e spaventoso annullamento dei rapporti personali in carne ed ossa). Se da un lato lo spunto concettuale è tutt’altro che banale (introdotto dalla sottile riflessione critica del curatore Mariko Koala (?!) che prende piede da Sartre ed Heidegger), a mio avviso la mostra non esprime tanto la necessità del fare arte, quanto una visione autoreferenziale ed ammiccante ad un mondo – quello dei social network – che già gode di ampia risonanza. Sarà anche la prima esposizione di questo genere sul mondo-Facebook; sinceramente ammetto di non averne sentito il bisogno. Capitolo a se stante per gli spazi della galleria: a parte il privilegio della vicinanza ad un’icona dell’arte mondiale (si trova ś e no a 20 metri dal Colosseo), “Ingresso Pericoloso” è un ambiente neutro (pareti rigorosamente bianche) ma con una conformazione peculiare (articolata in tre piccole sale, soffitto molto basso e delizioso giardino interno) che le garantisce una spiccata “personalità” (aspetto non di poco conto per un ambito, quelle delle gallerie, che rischia un’omologazione non diversa da quella di Facebook). Uno spazio che richiede d’essere “aggredito” dall’artista, possibilità senz’altro poco sfruttata da Giuseppe Rado.

Saverio Verini


Faceback - dietro il profilo

a cura di Mariko Koala

dal 15 maggio al 3 luglio 2009

Ingresso Pericoloso, via Capo d'Africa 46 - Roma

www.faceback.info

www.ingressopericoloso.com

 

 

Pubblica questo Articolo

Facebook Twitter Google Bookmarks RSS Feed