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Villa Massimo ai livelli minimi

“Soltanto un quadro al massimo” è una rassegna dal titolo brillante, che contiene al suo interno un doppio senso: agli artisti viene infatti concessa la possibilità di esporre un solo quadro (potremmo dire più in generale un'opera), ma “massimo” sta anche per Villa Massimo, sede dell'Accademia Tedesca a Roma, luogo nel quale dal 2003 viene organizzata la manifestazione, sotto la cura del critico Ludovico Pratesi. Il ciclo espositivo vede confrontarsi di volta in volta una coppia di artisti (un italiano, un tedesco): nelle precedenti edizioni si sono alternate figure di spicco dell'arte europea come i “mammasantissima” Cucchi, Baselitz, Kounellis, Immendorff, Vedova, Lupertz, Pistoletto, Merz, affiancati da altri nomi – Rebecca Horn, Wolfang Laib, Rosemarie Trockel, Vanessa Beecroft – non di primissima fascia ma certamente significativi nel panorama contemporaneo. Per questa prima parte del 2009 Pratesi ha puntato su due emergenti: Paola Pivi e Jonathan Meese. Un abbinamento che il curatore giustifica alla luce del carattere provocatorio delle due opere, dai titoli interrogativi (“Have you seen me before?”, quello scelto dalla Pivi) e chilometrici (“I 120 SLIP TOTALI delle PIÙ DOLCI RAGAZZE DI BALTHyS ardono coś freschi come la BOCCA DI SCARLETT JOHANSSON succhia senza pathos gli uomini miseri (non c'è vita dopo la morte, per fortuna)”, quello di Meese). Paola Pivi, come suo solito, attinge a piene mani dal mondo animale, realizzando un orso in posizione prona, un enorme Trudi si direbbe, ricoperto di piume gialle. L'effetto di spiazzamento è innegabile: un animale tradizionalmente selvaggio ed indomabile ricoperto di piume che verrebbe voglia di accarezzare, d'un colore che si addirebbe più ad un canarino che non ad un orso selvatico. Il contrasto fra la “pezzatura” da pelouche dell'animale e la sua natura solitamente scorbutica è ingigantito dalla posa, pancia in sotto, come se fosse stramazzato: nel comunicato Pratesi parla di “sguardo sognante dell'orso”, uno sguardo che a me comunica piuttosto inquietudine. Risposta alla domanda posta dalla Pivi nel titolo “Have you seen me before?”: decisamente no. Meese, dal canto suo, mostra una mancanza di originalità che raramente m'era capitata di riscontrare a questi livelli. Spizzicando qua e là dai vari Baselitz e Basquiat (alcune somiglianze sono davvero impressionanti), l'artista tedesco realizza un'opera articolata su tre pannelli, nel quale trovano sfogo un tratto brutale e istintivo, sostenuto (o meglio, incalzato) da una scrittura incerta simile all'automatismo dei surrealisti e dello stesso Basquiat; una sorta di mappatura psicologica fatta di libere associazioni, fra foto incollate (ad esempio ritratti di donne dipinte da Balthus), macchie colorate, frasi. Le tele ricordano tanto le bacheche all'interno delle quali i ragazzini in fase di sviluppo (io per primo ci sono cascato) mostrano le proprie pulsioni adolescenziali, sotto forma di celebri massime, di ritagli con immagini dei propri idoli e riferimenti culturali. Meese prende spunto da precedenti nobili, per carità, ma la sua rielaborazione è priva di originalità, risolta in una formula che nel migliore dei casi pụ essere presa come un omaggio pretenzioso (a mio avviso si tratta di mero scopiazzamento) e comunque del tutto autoreferenziale. Insomma, un lavoro che poco dice, di dubbia autonomia stilistica e di scarso valore provocatorio. La mia ignoranza della lingua tedesca non aiuta nella comprensione delle frasi scritte da Meese in diversi punti del trittico, ma ammetto che già mi basta e avanza la traduzione del titolo. Insomma, nell'insieme l'opera non mi convince, satura com'è di un “maledettismo” visto e rivisto. La distanza che separa le opere sul piano qualitativo rende difficile un qualsiasi tipo di dialogo; il legame paventato da Pratesi nel comunicato, basato sulla provocazione dei due lavori, appare debole e forzato (se proprio devo trovare un filo rosso, penso che ad unire le opere sia invece l'idea della mutazione genetica, palese nell'orso della Pivi e pure nei soggetti di Meese, con corpi deformati sopra i quali sono incollate foto di ritratti celebri della storia dell'arte). La Pivi stuzzica i visitatori con un interrogativo cui ho trovato subito risposta; a mia volta, voglio rivolgere una domanda al curatore: è davvero coś difficile trovare artisti capaci di stabilire una relazione appena più credibile rispetto ai due presentati? Credo che anche in questo caso il responso non debba farsi attendere più di tanto.

Saverio Verini

 


Soltanto un quadro al massimo

a cura di Ludovico Pratesi e Joachim Blόher

dal 22 aprile al 30 giugno 2009

Accademia Tedesca di Villa Massimo, Roma

http://www.villamassimo.de

 

 

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