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Ognuno ha le sue Opi(e)nioni

“Le opinioni sono come le palle: ognuno ha le sue”. Suonano coś le parole di un celebre aforisma di Clint Eastwood. Stesso concetto si potrebbe applicare, meno prosaicamente, alle opere dell’artista inglese Julian Opie, ospite fino a fine aprile alla galleria Valentina Bonomo. Si potrebbe dire con altrettanta certezza che anche i volti di Opie siano come gli attributi maschili, dal momento che ognuno di noi pụ trovare fra di essi un proprio sosia corrispondente. “Voglio che ogni persona ritratta sia come una multinazionale. Con un suo logo”: in questa dichiarazione dell’artista si pụ condensare non solo il giudizio sulla mostra attualmente in corso, ma il senso di un’intera carriera artistica. La ricerca di Opie è integralmente dedicata alla “catalogazione” di volti umani (e, a proposito di “catalogazioni fisiche”, sarebbe interessante un confronto fra questa mostra ed un’altra, splendida, che è attualmente in corso a Roma, “Exactitudes”, recensita su questo sito lo scorso mese), attraverso pochi ed elementari tratti. E’ proprio questo il carattere che rende riconoscibile il suo lavoro: la sintesi. Come nello stile della migliore tradizione grafica (in qualche modo l’arte più diffusa ai giorni nostri), Opie riesce a raggiungere una mediazione fra minimalismo (degli elementi segnici/formali) e vocazione “pop” (la fisiognomica dei suoi personaggi è inconfondibile). Il ritratto è per lui un’ossessione: da almeno un paio di decenni Opie propone infinite variazioni sul tema, poiché infinite sono le tipologie umane individuabili. Sicuramente una ricerca ripetitiva; tuttavia ogni volta che ci si pone di fronte ad un suo lavoro l’esito è irresistibilmente fresco e brillante, un po’ come quando si ascolta centinaia di volte lo stesso bel disco (che so, “Revolver” dei Beatles), senza il rischio di annoiarsi. La galleria presenta in tutto undici opere: rispetto alla produzione “classica”, l’artista inglese ha introdotto per l’occasione all’interno delle proprie composizioni un elemento nuovo, il movimento. L’oscillare di un orecchino, il sottile sbattimento delle palpebre, un dito che si piega; mediante l’uso di tecniche digitali, Opie arricchisce i ritratti di dettagli impercettibili, coś come minime appaiono spesso le differenze somatiche fra un personaggio e l’altro. Ma l’introduzione del moto non è l’unica novità: alcuni dei volti di Opie presenti in mostra evidenziano delle sottili citazioni della ritrattistica seicentesca, ed in particolare di Sir Peter Lely (1618-1680), pittore inglese fra i più apprezzati della propria epoca. Coś, al posto dei soliti mezzi busti cui Opie ci ha abituati, figurano donne in abbigliamento rococ̣ inserite in paesaggi naturali; ambienti di sfondo che risultano peṛ artificiali, rappresentati con colori brillanti, piatti, “laccati”, ennesima prova della sua adesione ad uno stile sintetico, grafico. Un tratto distintivo che dimostra l’attenzione dell’artista inglese verso l’arte del passato (non solo Lely, ma anche Boucher, Fragonard, Gainsborough…) e la volontà di una ripresa omaggiante e destrutturante al tempo stesso.

Saverio Verini


Julian Opie alla galleria Bonomo

dal 19 marzo al 30 aprile 2009

Galleria Valentina Bonomo Via del Portico d'Ottavia 13 - Roma

www.galleriabonomo.com

 

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