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Mario Merz

La galleria Oredaria propone uno spaccato dell’attività di uno dei maestri dell’arte contemporanea in Italia, Mario Merz. Scomparso da pochi anni (2003) l’artista milanese è stato uno dei protagonisti dell’Arte Povera; pittore di segno astratto-espressionista e poi informale, negli ultimi anni della sua carriera aveva spostato l’attenzione verso le installazioni e le sperimentazioni con materiali naturali o tecnologici come i tubi di neon luminoso, che inserisce negli oggetti d’uso più comune. Merz ha sempre dimostrato una grande propensione e curiosità per la matematica e la relazione tra i numeri e la Natura ed è su questo suo aspetto che l'esposizione indaga. Realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz di Torino seleziona alcune opere di carattere museale e una serie di disegni, tra cui un ciclo totalmente inedito, che fanno riferimento al mondo dei numeri e in particolar modo alla successione di Fibonacci. Una serie di numeri dove una cifra è data dalla somma delle due precedenti che si figura come emblema dell'energia insita nella materia. La realizza in svariati materiali esponendola in diversi musei in giro per il mondo e che è anche qui alla Oredaria, proposta nel cortile interno. E’ su questa sequenza matematica che Merz indaga e si concentra poiché cela l’origine del mondo e delle cose naturali. La declina in innumerevoli modi fino a seguirne e realizzarne le forme che magicamente genera. Famosi sono infatti i suoi igloo, forma archetipica nata dallo sviluppo in tre dimensioni di una spirale (sulla quale lavora dal 1976), che deriva proprio dalla famosa serie numerica, che Merz riconosce come energia “strutturale” della natura e attraverso cui crea uno “spazio esterno” che è “misura di uno spazio interno”. Successivamente al concetto della spirale associa quello altrettanto ricorrente del tavolo, sulle cui superfici vengono disposti frutti che, «lasciati alla loro naturale degradazione, introducono nell'opera la dimensione del tempo reale». Alla fine degli anni Settanta Merz recupera la figurazione, delineando grandi immagini di animali di sapore ancestrale, “preistorici” per usare le parole dell'artista, tutte figure riconducibili sempre e comunque allo stesso codice generativo.  Interessanti in mostra sono i disegni sullo studio del gesto. Con maniacale ripetizione Merz rappresenta mani e dita umane facendo coincidere le loro misure e proporzioni a punti che corrispondono alle cifre di Fibonacci. E’ una profonda e dettagliata ricerca sul movimento e sui segni che questo lascia. Ogni attività umana quindi, da una linea tracciata a matita ad un insieme di orme impresse sul terreno, risulta avere una matrice matematica comune che è poi la stessa dell’universo.  Il rilievo che l'opera di Merz ha raggiunto nel corso degli anni è documentato dalle prestigiose rassegne a cui ha partecipato (quali la Biennale di Venezia e Documenta a Kassel), o che gli sono state dedicate dai più importanti musei del mondo. Ora Roma lo ricelebra in un piccolo ma generoso e intelligente spazio facendoci conoscere una parte del suo lavoro che lo ha sempre affascinato e che ora affascina anche noi.

Fabrizio Manzari


L'asocialità è coscienza. La socialità è struttura - Mario Merz

dal 26 febbraio al 23 maggio 2009

Galleria Oredaria, via Reggio Emilia 22-24 - Roma

www.oredaria.it

 

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