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De Chirico e il museo

Alcuni anni fa presso le Scuderie del Quirinale una grande mostra sulla Metafisica rivisitava il periodo che aveva visto come protagonista l’arte di De Chirico degli anni Dieci. Mentre il Futurismo riportava l’Italia sulla scena internazionale, De Chirico trovava la sua chiave di volta nell’incontro di temi classici e sguardo moderno: elementi dall’antico insieme a oggetti e spazi della realtà quotidiana danno vita ai capolavori metafisici che fanno di De Chirico uno dei punti di riferimento dell’arte del Novecento. Le avanguardie di quegli anni si preoccupavano soprattutto di rivoluzionare le forme artistiche e De Chirico “rispose con la rivoluzione dello sguardo”.  Mentre nella mostra alle Scuderie veniva presentata la produzione metafisica degli anni Dieci, l’esposizione alla Galleria nazionale d’arte moderna parte idealmente dal 1919. Mario Ursino spiega infatti che “In quell’anno De Chirico visita la Galleria d’arte moderna e scrive un articolo di fuoco in cui ha parole negative per gli artisti e per il museo. Contemporaneamente aveva visitato la Galleria Borghese e aveva ammirato un quadro di Tiziano rimanendone colpito” e ribadendo la necessità di tornare a ispirarsi ai grandi maestri. Negli anni Venti De Chirico si allontana dalle avanguardie; attraverso l’incontro con l’arte del passato prende distanza dal modernismo e abbraccia l’idea di un “ritorno all’ordine” che interessa anche altri artisti del Novecento. La mostra intende indagare attraverso sei sezioni tematiche il rapporto che intercorre tra l’opera dechirichiana e i grandi maestri, in occasione del trentennio dalla scomparsa dell’artista. Le opere presentate non vogliono costituire un percorso antologico: si tratta infatti di dipinti e disegni che De Chirico aveva scelto di conservare nel suo atelier di Piazza di Spagna e ora appartengono alle raccolte della Galleria nazionale e della Fondazione Giorgio e Isa De Chirico. Come ha affermato Calvesi, non si tratta della “mostra ideale” su De Chirico, proprio perché esclude la produzione metafisica degli anni Dieci, ma restituisce un’immagine interessante e completa di quel museo immaginario che è alla base della sua poetica. Nella sezione “Mitologia e Archeologia” sono presenti opere ispirate dall’antico; tra queste anche una tela giovanile che si rifà a un’opera di Böcklin, uno degli artisti più amati da De Chirico negli anni trascorsi a Monaco, soprattutto per le  atmosfere   dei suoi quadri. In “I  d’après   dai grandi maestri” sono presenti le copie delle opere di Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Guido Reni ma anche Dűrer, Van Dyck, Delacroix e Fragonard: i dipinti sono accompagnati dalla riproduzione fotografica degli originali, coś da poter osservare non tanto la fedeltà delle copie quanto gli elementi distintivi dell’artista come la pennellata vigorosa e i colori. I quadri dedicati a Rubens, altro grande artista amato da De Chirico, sono esposti per la prima volta nell’omonima sezione. In “La grande pittura” sono presenti autoritratti, nature morte e vedute veneziane tra cui il dipinto  Capriccio veneziano   del 1951, ispirato alla pittura del Veronese e esposto per la prima volta a Roma. Picasso affermava “che solo i geni copiano” e De Chirico è di sicuro l’artista che più profondamente ha saputo interpretare quest’idea. Il suo dialogo con l’arte del passato serve non a riattualizzare la tradizione ma a rendere eterna la sua assenza attraverso la memoria. Negli anni Sessanta e Settanta De Chirico apre la fase della pittura Neometafisica, esposta nella penultima sezione della mostra: qui l’artista recupera i temi propri della fase metafisica, come i manichini, le muse inquietanti, gli archeologi e i centauri. Dipinge ora secondo la sua maniera e anticipa per certi versi i successivi sviluppi postmoderni. Infine nella parte dedicata alle “Opere su carta” sono esposti studi e schizzi ispirati all’antico, tra cui molto belle sono le dodici illustrazioni che accompagnano una farsa di Bontempelli pubblicata nel 1922 sulla rivista Valori Plastici. Con la formula  Pictor classicus sum   l’artista chiudeva l’opera l’Hebdomeros pubblicata nel 1929: questa mostra permette di visitare la classicità di cui si nutre la pittura di De Chirico, al di fuori della produzione per cui viene ricordato ma che non è esaustiva del suo percorso artistico.

Eleonora Capretti


De Chirico e il museo

a cura di Mario Ursino

dal 20 novembre 2008 al 25 gennaio 2009

Galleria nazionale d’arte moderna, Viale delle Belle Arti 131 - Roma

www.gnam.beniculturali.it

 

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