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Nota a margine di una Biennale conclusa

"L'architettura deve andare oltre gli edifici perché gli edifici non sono una realtà sufficiente. Sono grandi e dispendiosi accumuli di risorse naturali difficilmente adattabili alle condizioni sempre mutevoli della vita moderna". Sbam! In barba al sentire comune Aaron Betsky, curatore della XI Biennale di Architettura, ha deciso di presentare coś - con questa sportellata in faccia al visitatore medio - la mostra. In fondo bastavano titolo e sottotitolo dell'edizione di quest'anno per capire che di compromessi ce ne sarebbero stati ben pochi: " Out there: Architecture Beyond Building". Ma com'è possibile anche soltanto immaginare un'architettura oltre il costruire? Al di là dell'ovvia provocazione (nella quale sono tuttavia caduti critici ed architetti che si sono rabbiosamente scagliati contro l'approccio "metafisico" della mostra) al giorno d'oggi devo ammettere che mi è proprio difficile immaginare un orientamento diverso da quello adottato da Betsky. Certo, non mi sentirei di sottoscrivere ogni riga del manifesto da lui redatto che campeggia a caratteri cubitali all'ingresso delle Corderie dell'Arsenale: fino a prova contraria il "costruire" è ancora parte integrante dell'architettura. Ma a mio avviso c'è dell'altro oltre le parole - le quali, rimanendo in ambito architettonico, non sono che una facciata - e lo dimostrano le installazioni presenti sia all'Arsenale che nei vari padiglioni nazionali ai Giardini. Cị che ho apprezzato di più è stata proprio la  prospettiva: ed è normale, prima ancora che giusto, il fatto che in una Biennale trovino spazio visioni originali e nuove soluzioni, proprio al di là di quel  costruire  che è stato nei secoli esplorato in lungo ed in largo. Insomma, non so quanto sarebbe stato utile parlare di vincoli, calcoli strutturali o vedere i sempre piacevoli modellini (oltretutto presenti). Forse (secondo Betsky di sicuro) gli interessati alla trattazione dei temi citati poco sopra avrebbero dovuto fare un salto ad un salone dell'ingegneria o all'Italia in Miniatura. Il fatto che  Out There  somigli più ad una fiera d'arte contemporanea che non un'esposizione d'architettura è stato molto criticato. Pụ darsi, il tasso di spettacolarità e la voglia di stupire sono elevati, ma ritorniamo sempre là: in tali contesti cị che è davvero interessante sono i concetti, alla cui base sta la sensazione diffusa (anzi, la convinzione) che architettura sia più un fatto di processi in mutamento che non una rigida questione di statica. A descrivere tutto non basterebbe nemmeno il catalogo (70 euro, tanto per cambiare), ma alcuni spunti meritano d'essere menzionati. L'architettura  work in progress  dell' archistar  Frank Gehry, iniziata durante l'inaugurazione e portata a termine nell'ultimo giorno di apertura riassume bene lo spirito della Biennale (oltre che somigliare incredibilmente ad un cretto di Burri). Riflessioni ironiche e amare al tempo stesso sono quelle suscitate da "Singletown", un'installazione che propone una città per soli singles: meglio prepararsi all'evenienza, visto che nel 2026 un terzo degli abitanti del pianeta vivrà da solo (in effetti è più di una semplice eventualità, di fronte all'avanzata dei cosiddetti "social network", ormai sempre più spesso sostituti dei vecchi rapporti umani fatti di strette di mano, abbracci, baci). Ci sono poi atmosfere fluide come quelle della "Casa Sonora" di Penezic e Rogina e le trasparenze di Vicente Guallart che ha allestito una specie di appartamento dove tutto (pavimento, mobilia, accessori) sembra oltrepassabile e virtuale, come se lo spazio fosse un'entità da percepire più che vedere o toccare. Per quanto riguarda i Padiglioni, da segnalare quello russo (favolose le strutture eterne e precarie costituite interamente in legno), quello belga (il cui esterno era formato da un'impalcatura) e quello italiano dove hanno trovato spazio preoccupanti anticipazioni sull'emergenza casa e su possibili scenari di "derive future" (industriali coś come ambientaliste) ma anche interventi fantasiosi e poetici come le "sedie volanti" della coppia Herzog-De Meuron. In dieci settimane di apertura sono stati 129.323 i visitatori complessivi della Mostra (erano 127.298 nel 2006). Un successone. La Biennale di quest'anno sarà stata forse meno "rassicurante" per gli addetti ai lavori; ma proprio per questo molto più stimolante e fruibile anche da un pubblico non specializzato. L'ultima parola a Zaha Hadid: " L'architettura soppianṭ l'edilizia già al suo avvento cinquecento anni fa, quando, come disciplina di innovazione originale, si distinse dall'edilizia, basata invece sulla tradizione. La differerenza tra architettura ed edilizia sta nel fatto che l'architettura specula su nuove possibilità. E', questo, il motivo per cui il design architettonico va sviluppato congiuntamente a una teoria dell'architettura che comprenda la traiettoria storica della società e teorizzi il ruolo progressivo dell'architettura all'interno di tale processo". Questa volta sottoscrivo.

Saverio Verini


Out There: Architecture Beyond Building (XI Biennale d'Architettura)

a cura di Aaron Betsky

dal 14 settembre al 23 novembre 2008

Venezia, varie sedi

www.labiennale.org/it/architettura/

 

 

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