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Bill Viola. Visioni interiori

Se non fosse per il costo del biglietto la mostra su Bill Viola verrebbe voglia di vederla più e più volte, sempre stupiti in modo diverso, come capita davanti ai grandi affreschi dei maestri del passato: un’esperienza spaziale ed emozionale, l’ hic et nunc  che spesso manca nell’approccio con l’arte contemporanea, una rivelazione estetica che ben presto si trasforma in visione interiore. Il confronto con l’antico, in particolare con la prima arte rinascimentale fiorentina, salta presto all’occhio: biograficamente perché Viola fu di casa a Firenze per alcuni anni, alla fine dei ’70; stilisticamente ed iconograficamente nei suoi molti lavori; basta prenderne ad esempio alcuni esposti al Palazzo delle Esposizioni per capire meglio. “Catherine’s Room” ripercorre lo stesso schema della predella “S. Caterina da Siena” di Andrea di Bartolo; “The Greeting” si sovrappone alla “Visitazione” del Pontormo; in “Emergence” troviamo la stessa fonte battesimale della “Pietà” di Masolino da Panicale; “Dolorosa” e “The Locked Garden” richiamano nella forma lo stile delle opere devozionali diffuse nel tardo Medioevo. Come se questi capolavori del passato venissero aperti, gli istanti dilatati in minuti, monumentalizzando le azioni ed universalizzandole grazie alla scelta di attori e costumi più neutri, contemporanei. Bill Viola sembra riuscire a manipolare lo spazio ed il tempo intorno a noi grazie all’uso di tecnologie avanzate diventando per decenni un pioniere nel campo della video arte: schermi al plasma, macchine da presa ad alta velocità che già dieci anni fa riuscivano a rendere in ottima risoluzione un rallentamento di 10 minuti partendo da 45 secondi iniziali (“The Greeting”, 1995). Più della cultura occidentale, quella orientale ha senz’altro impregnato tutta la sua ricerca artistica, dalla mistica sufi alla filosofia zen; forse è interessante riportare come nel catalogo della mostra la curatrice Kira Perov (nonché collaboratrice e compagna di vita dell’artista) descrive la prima parte del percorso espositivo:  “ Un viaggio creato per chi è alla ricerca del Sé. Si comincia con 'The Crossing', con l’annientamento del vecchio io. Per questa ricerca il corpo non serve più, possiamo bruciarlo o annegarlo. Dopo esserci spogliati del corpo possiamo arrenderci alla nostra missione ('Surrender') e alla consapevolezza di potere nello stesso tempo morire e nascere ('Emergence'). Su questa terra siamo corporei ('Catherine’s Room'), e anche se disincarnati siamo in grado di leggere i segni dei mudra ('Four Hands'), di mani che sono importanti quanto il cuore.  Ecco di nuovo il tema della resurrezione e del rinnovamento: immerso in un utero d’acqua, contenitore dell’incontenibile, in 'Ascension' il Sé nasce e rinasce. È molto fragile. L’ambiente circostante, la foresta, offrono nutrimento e protezione, ma il viaggio dev’essere intrapreso da soli, l’uomo e la donna di 'The Veiling' non si incontreranno mai</i>”.  La seconda parte è invece dedicata più prettamente alla fisicità dell’uomo e all’universo di emozioni che pụ esprimere; la sua esistenza appare sempre fragile, incerta, mai totalmente afferrabile, come l’impercettibile cambio di espressione sui volti di “Dolorosa”, “Anima”, “The Locked Garden”. Non ci è mai dato sapere l’origine di queste emozioni, lo esprime bene “Obeservance” dove un lento cordoglio sfila davanti ai nostri occhi senza peṛ mai ricambiarli; gli sguardi sono fissi fuori campo, diretti verso il basso: esiste un qualcosa che appartiene all’umanità intera, ma solo in noi possiamo rintracciarne un significato. Bellissima la chiusura del percorso: in “Ocean Without a Shore” (che ricorda esteticamente la prima opera del percorso, “The Crossing”) una sottile parete d’acqua descrive il confine labile tra vivi, morti, e non nati. Sedici opere potrebbero sembrare poche per una retrospettiva: ma nell’oscurità delle sale, attraverso i suoni intensi e minimali che accompagnano alcuni dei lavori, si viene immersi in una realtà contemplativa all'interno della quale il tempo pụ dilatarsi, perdendo contingenza.  Evitate se potete i giorni e gli orari di grande affluenza: le sale non sono molto grandi, e la tranquillità in questo caso è prioritaria... .

Valentina Fiore


Visioni interiori - Bill Viola

a cura di Kira Perov

dal 21 ottobre 2008 al 6 gennaio 2009

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194 - Roma

www.palazzoesposizioni.it/billviola/home_ita.htm

 

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