Non lontano da Campo de Fiori, tra via Monserrato e via dei Banchi Vecchi si estende una zona ricca di laboratori, sale espositive e piccole botteghe artigiane. Un angolo che sa ancora di Roma, quella dei motorini anche quando piove e delle bandiere della “Maggica” alle finestre. Dopo una promettente segnalazione letta di sfuggita in una delle guide settimanali su cị che avviene in città avevo deciso di andare a visitare la galleria Il Ponte; e devo ringraziare questa incursione, che mi ha permesso di scoprire una delle parti più affascinanti del centro di Roma. Non altrettanto posso fare con l’esposizione, vista proprio al “Ponte”. Lo spazio della galleria è articolato in vari ambienti, dei quali solo un paio sembrano peṛ adattarsi a possibilità espositive: gli altri claustrofobici angoli vengono comunque adoperati per ospitare i lavori di Vincenzo Agnetti, artista che (assieme al quasi coetaneo Emilio Isgṛò) ha esplorato in lungo e in largo la scrittura come forma artistica dalla enormi capacità visive, estetiche e – naturalmente – concettuali. Le opere, di per sé rappresentative della poetica dell’artista, sembrano tuttavia sacrificate, relegate in spazi angusti, trovandosi costrette a sgomitare per ritagliarsi una propria visibilità. Una scultura di Fred Sandback, minimalista fino al midollo, è in uno stretto cunicolo, quasi al livello del terreno, tant’è che non è facile capire se si tratta di un’opera o di un oggetto (una mensola?) dimenticato per sbaglio. Ad un’altra opera dell'artista statunitense è dedicata un’intera sala, pur occupandone un solo angolo: si tratta di due corde (una gialla, una grigia) che, collegando due pareti, formano un triangolo: lo spunto, nonostante l’interessante gioco di ombre è già consegnato alla storia dell’arte. Riproporlo oggi sembra una parodia. Maurizio Mochetti finisce così per essere l’unico a presentare un’opera di qualità, visto che finora, dove c’erano contenuti mancava un allestimento adeguato, e viceversa. Le sue sfere che si illuminano in maniera inversamente proporzionale (mentre l’una si accende progressivamente, l’altra va progressivamente spegnendosi) poste alle due estremità della sala danno vita ad un effetto di alternanza quasi ipnotico, dotato di un ritmo sapiente. Capisco che in tempi di recessione ci si arrangia come pụ e non si butta niente ma, almeno in arte, la comunicatività è un bene cui non si pụ rinunciare. Non so se pụ rendere l’idea, ma d’ora in avanti, pensando alla galleria Il Ponte non mi verrà in mente l’immagine di un passerella sicura che collega due sponde sopra mari calmi, quanto piuttosto l’idea di un passaggio instabile col rischio che la tavoletta sotto i piedi si spezzi, un po’ come quei camminamenti precari attraversati da Indiana Jones nei suoi film. Lo accetto e provo ad andare avanti, in fondo non c’è bisogno d’essere un archeologo col vizio dell’avventura per correre simili pericoli: basta fare, ogni tanto, due passi dalla parti di Campo de Fiori.
Saverio Verini
Fred Sandback, Maurizio Mochetti, Vincenzo Agnetti
dal 10 ottobre al 6 dicembre 2008
Galleria Il Ponte contemporanea, via Monserrato 23 - Roma