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Il corpo e la parola (Germaṇ, Padua, Piscopo, Ruffini)

Terminata la scalinata sinistra del Rettorato della Sapienza, all’ingresso della mostra il visitatore è subito accolto da un’opera del professore Giuseppe Germanò: si tratta di un manichino femminile che pudicamente indossa pantaloni etnici a righe e sul busto è attraversato da una serie di strumenti medici come un holter cardiaco, un misuratore di pressione e alcuni elettrodi. La mano destra del manichino porge inoltre un opuscolo della mostra ad indicare che si è proprio arrivati all’ingresso. Lo studente di infermieristica responsabile dell’iniziativa spiega che la mostra nasce dall’idea del professore-artista Germanò, docente di Medicina Interna alla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza, di dare voce alla sua opera d’arte, “un manichino senza vita, senza volto e senza età […] che continua a parlarci grazie alla scienza e ci fa ascoltare quelle parole mai dette”. Il progetto della mostra rientra nelle “Iniziative sociali e culturali proposte dagli studenti della Sapienza”.

I curatori provenienti dalla Galleria Vittoria di Via Margutta spiegano di aver organizzato l’esposizione partendo dal tema scelto per l’iniziativa, ossia il Corpo e la parola: le esperienze artistiche come collegamento tra il biologico e la dimensione del linguaggio. Ermeticamente avvolta da queste parole si apre la mostra che difficilmente dispiega le sue linee conduttrici e i suoi motivi profondi. Il corpo umano è dunque il protagonista e viene raccontato da tre artisti, dopo la breve apertura del professore Germanò. Le tele di Fabio Piscopo presentano corpi scolpiti da linee dure, attraversati dall’eco dei nudi di Cézanne e dalla monumentalità di Sironi. Le sue opere sono realizzate con tecnica mista su tela e la resa materica richiama l’attenzione sulla superficie, sul gesto, sul rapporto fisico con la pittura.  Le sculture incompiute di Luca Padua sviluppano il tema del femminile. Piccole figure di donna appena abbozzate nei diversi momenti del quotidiano e bloccate in un tempo senza tempo, assieme ai gesti e agli oggetti che raccontano istanti di vita. Le materie sono la terracotta e i metalli. La tradizione è quella di Medardo Rosso e Rodin. Luca Padua si dedica alla scultura da alcuni anni, pur essendo di professione neurologo.  Ernesto Maria Ruffini ritaglia nel legno figure stilizzate: il corpo umano diventa sagoma geometrica e l’opera è composta per strati.  I tre artisti provengono dalla Galleria Vittoria di Via Margutta, scolpiscono o dipingono corpi umani e questo è bastato a giustificare una collettiva che parlasse della dialettica nell’arte tra la dimensione linguistica e biologica del corpo umano.  Ma se l’arte è pur sempre un linguaggio e il corpo umano è da sempre protagonista nell’arte, la dimensione biologica del corpo non sembra proprio essere un aspetto caro ai tre artisti di Via Margutta. In tempi di discussione e ripensamento sui luoghi del sapere e della cultura, di polemiche accese sull’utilizzo razionale ed equo dei fondi universitari, disturba vedere queste cose.

Eleonora Capretti


IL CORPO E LA PAROLA.

Esperienze artistiche come collegamento tra il biologico e la dimensione del linguaggio

a cura di Antonello Lombardi e Tiziana Todi

dal 27 ottobre al 15 novembre 2008

Rettorato, La Sapienza, P.le Aldo Moro 5 - Roma

www.uniroma1.it

 

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