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Fantastici Universi Paralleli

Non faccio in tempo ad uscire da Potsdamer Platz, dal Sony Center, dal Daimler Benz progettato da Renzo Piano che attraverso la strada, passo oltre i resti del muro, oltre i negozi glitterati e mi infilo in un chiostro di un palazzo decisamente diverso dal contesto in cui è immerso. I muri del chiostro sono completamente dipinti, tra gli artisti riconosco uno degli street artist più famosi di Berlino, El Bocho, il quale per le strade della città ci racconta le avventure di “Little Lucy”, una pupazza alle prese con il suo gatto, molto divertente. Cammino, alzo lo sguardo e mi trovo davanti un enorme mostro meccanico, con le sembianze di un insetto, il quale improvvisamente prende vita e muove su e giù la lunga proboscide…scopro solo più tardi che va a gettoni…in ogni caso il mostro è stato creato con materiali riciclati, nulla di nuovo, che ha generato un meccanismo strabiliante. Alla fine della via un palazzo di tre piani, logoro, con dei finestroni enormi e piante cresciute sulla sua superficie. L’ingresso nel palazzo lascia senza parole, completamente rivestito di scritte, stencil, manifesti, stickers, mutevoli, continuamente rinnovati che danno vita, luce, a quel luogo triste e vecchio. È solo uno dei tantissimi palazzi occupati che ho visitato a Berlino. Il palazzo è completamente gestito da ragazzi, nei tre piani si susseguono ateliers, bookshop, in cui si trovano dalle caroline, alle magliette, alle borse, tutte decorate dai ragazzi che lavorano all’interno, nonché libri di arte contemporanea, fumetti, letteratura e mi fermo qui. Sembra che esplodano i muri, sembra di non essere in un palazzo fatiscente, di non aver attraversato semplicemente una porta…non ho trovato solo la libertà di fare arte, ma soprattutto la forte necessità di fare arte.  Anche se stracolma di gallerie di arte contemporanea, la città stessa è un ambiente espositivo, le facce laterali dei palazzi diventano immense tele con le quali i berlinesi convivono quotidianamente senza pagare nessun biglietto d’entrata. Il quartiere più famoso per i murales è Kreuzberg, ad ogni angolo si rischia di essere assaliti da pupazzi, mostriciattoli, astronauti, tutto completamente colorato, acceso, vivo. Non ho una mostra in particolare da recensire, nonostante ce ne siano state molte che mi hanno emozionata, la “più straordinaria”, non so se si può dire, è la città stessa, un’esposizione a cielo aperto, in cui convive vecchio e nuovo, memoria e attualità in un connubio perfetto. Come fosse un abbraccio e non uno schiaffo quello che l’hi tech, il vetro, Renzo Piano, gli stencil, i colori, gli orsetti colorati per le strade danno ai palazzi rimasti in piedi dopo i bombardamenti, al mattone, al muro, al ferro arrugginito, alle piante che conquistano le pareti dai palazzi, alla sinagoga, alla Porta di Brandeburgo. Ed è per questo che non scriveṛ nessun indirizzo di gallerie d’arte o di musei o di eventuali esposizioni stravaganti, perché è solo perdendomi all’interno di vie e chiostri che sono precipitata in fantastici universi paralleli.

Chiara Ciucci Giuliani

 

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