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Mario Giacomelli - 99 foto

I cultori dei “templi dell'arte”, i puristi dei “luoghi deputati” storceranno probabilmente la bocca nel sapere che esistono centri commerciali che ospitano, al loro interno, degli spazi espositivi. Così avviene al centro commerciale Cinecittàdue, uno dei tanti luoghi deputati dello shopping capitolino, dove si va d'estate perchè c'è l'aria condizionata e, d'inverno, perchè è al coperto.
La  mostra proposta è Giacomelli 99 foto, un'esposizione che raccoglie 99 immagini mai esposte prima, provenienti da un'unica collezione privata, che ripercorrono l'intera attività di Giacomelli dal 1959 al 2000.
In questo caso, il confronto tra lo spazio espositivo e l'artista esposto generano un cortocircuito estremamente interessante, una frattura, uno scarto del pensiero che si pone come esempio in atto di due possibili visioni. Il centro commerciale è l'esatto paradigma del non luogo teorizzato da Augé, quel luogo senza identità e senza storia che, appiattito dalla globalizzazione, propone di tutto senza però permettere a chi vi finisca dentro alcun tipo di osmosi e di relazione. Un luogo dove la merce, giunta da ogni parte del mondo, lascia il consumatore al di fuori di ogni possibile scambio culturale.
E se per i primi tre livelli di Cinecittàdue veniamo inglobati nell'espressione massima della surmodernità, basta salire di un piano per ritrovarci di fronte alle opere di uno dei maggiori fotografi di luoghi, di identità, del tempo e della vita.



Mario Giacomelli, Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-63)


Giacomelli uomo, poeta e fotografo, sfugge dai non luoghi attraverso la ricerca di una relazione tra la sua anima e ciò che la circonda, senza alcuna necessità di viaggi esotici, scoprendo le sue Marche, i suoi anziani, i suoi pretini, rendendo in immagine tutti i temi proprio dell'uomo: il dolore, la vecchiaia, la terra, l'amore.
”L'immagine è spirito, materia, tempo, spazio, occasione per lo sguardo. Tracce che sono prove di noi stessi e il segno di una cultura che vive incessantemente i ritmi che reggono la memoria, la storia, le norme del sapere” (M. Giacomelli).


Mario Giacomelli, Presa di coscienza sulla natura (1977-79)

Ed è questo ciò che lo fa grande, l'unione esatta di forma e contenuto, la capacità estetica e di sperimentazione mai fine a se stesse ma indissolubilmente legate a un nucleo poetico che ci racconta di un destino comune, dove le linee della terra marchigiana equivalgono alle rughe sul volto degli anziani all'ospizio, che ci racconta dell'amore attraverso l'omaggio a Spoon River, del giocare tra la neve dei seminaristi dove a dominare è la dissonanza tra la gioia infantile del girotondo e la sua tragica solitudine.


Mario Giacomelli, Scanno (1957-59)

In un suo testo su Giacomelli, Ferdinando Scianna racconta:
Giacomelli cita spesso un verso in cui una donna dice all'amato: “Sono andata in giardino a cogliere rose rosse per te, ma non ho trovato che ciliege”. Mi piace, dice il fotografo, questa donna che parte, che non trova quello che cerca, ma riporta altre cose lo stesso, dello stesso colore rosso.
Forse allo stesso modo qualcuno andrà in un centro commerciale per trovare un vestito che non troverà. Ma troverà la mostra di Giacomelli. E porterà con sé tutti i luoghi, i volti, le tracce, le superfici d'acqua impresse sulla pellicola come fatui e durevoli paesaggi dell'anima.

Valeria De Berardinis


Mario Giacomelli - 99 foto
dal 12 maggio al 25 luglio 2010
Spazi di Cinecittàdue Arte Contemporanea, Viale Palmiro Togliatti 2 - Roma
www.cinecittadue.com

 

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