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Ottocento: da Canova al Quarto Stato. Arte per l’Arte e Arte per l’Umanità

130 opere, 72 autori, questi i numeri della mostra capitolina che si propone di ripercorrere un secolo di pittura italiana attraverso un percorso vario e complesso. Quello dell’Italia napoleonica e dell’Italia risorgimentale, dell’Italia borghese e dell’Italia operaia, o semplicemente quello dell’Italia unita, nelle sue molteplici sfumature e tonalità contrapposte. Il percorso circolare della struttura espositiva si apre e chiude con la Maternità di Gaetano Previati (1890) opera di virtuosa tecnica pittorica e poetica ricerca simbolista, senza dubbio di livello “europeo” per cị che concerne i processi di percezione dell’immagine.  La mostra è divisa in 8 sezioni che vanno dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. L’Ottocento italiano che non si era mai visto prima nella sua unitarietà e diversità strutturale: negli anni e nella geografia dei luoghi.  Napoleone Bonaparte presidente della Repubblica Italiana (1803), ritratto di Andrea Appiani, illustra la riverenza della Milano napoleonica mentre, La morte di Cesare di Vincenzo Camuccini, evocazione dell’età repubblicana romana, vuole essere un omaggio al pittore francese Jacques Louis David.  I fasti del neoclassicismo introducono alla pittura del paesaggio italiano che oltre ad essere importanti opere – documento, sono anche splendide ed originali vedute, come quelle ad opera di Ippolito Caffi che pone Il colosseo (1855), come un’importante quinta e centro del quadro.

I visi espressivi di Francesco Hayez rappresentano gli animi tormentati del tempo, come nell’opera Un pensiero malinconico (1842), dalla quale traspare già la nostalgia dell’ultimo bacio. Capolavoro assoluto del romanticismo italiano, nonostante le piccole dimensioni, Il bacio (1859) rappresenta la trasposizione idealizzata del romanzo medievale, mediazione del messaggio patriottico attraverso l’escamotage della resa teatrale.   I fratelli Induno e i macchiaioli mettono l’arte al servizio della causa italiana, come nell’ Imbarco di Garibaldi a Quarto (1860), ma è ne L’alzaia (1864 c.) di Signorini che si mette a nudo la fatica per costruire una nuova nazione sotto gli occhi indifferenti delle classi dominanti.   Il secondo piano della mostra è rappresentativo dei diversi movimenti pittorici sviluppatesi nelle capitali e nei piccoli centri dell’Italia unita. Segantini, Fattori, Longoni, De Nittis e Medardo Rosso sono solo alcuni degli artisti che innalzano l’arte italiana a capitale delle arti, seconda soltanto a Parigi sul finire  dell’ottocento. Opere emblematiche che introducono e chiudono la mostra sono I pugilatori di Antonio Canova, Creugante e Damosseno (1794-1801), posti sulla balconata, che “incorniciano” il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo: l’ arte come rappresentazione del mito e del sociale, racchiude qui la potenza di un secolo.

Antonio Canova, l’ impareggiabile scultore dello Stato Pontificio, è l’artista che racchiuse la forza e la grazia nel marmo, accarezzandolo dolcemente, seguendo i canoni ortodossi dello stile neoclassico. Qui è presente con due sculture che dovevano sostituire nei Musei Vaticani i marmi antichi del Belvedere saccheggiati da Napoleone.   Pelizza da Volpedo e il suo Quarto Stato (1901) spicca per tecnica e luce, i colori vibrano nonostante l’austera cromia che va dai verdi dello sfondo ai marroni del primo piano. Il popolo “si muove” dalla natura verso la città alla ricerca dei diritti, lasciandosi alle spalle l'età dell'oppressione.  Se Raffaello domina nella composizione,  Marx e Proudhon nella teorizzazione: manifesto della lotta dei lavoratori, il Quarto Stato si impone ancora nell’immaginario comune come simbolo di eguaglianza ed emancipazione.

Antonio Taverna


Ottocento: da Canova al Quarto Stato

a cura di Vittoria Marini Clarelli, Fernando Mazzocca e Carlo Sisi

dal 29 febbraio al 10 giugno 2008

Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16 - Roma

www.scuderiequirinale.it

 

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