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ARCO 08 - Feria Internacional de Arte Contemporáneo, Madrid

Negli articoli su ARCO 08 incontrati online durante le ultime settimane si è parlato di nomi ma soprattutto cifre: quasi 200.000 visitatori; ben 295 gallerie di cui 70 spagnole e 31 brasiliane (paese ospite per la edizione di quest’anno), quasi a voler esaltare un’internazionalizzazione di cui personalmente non ho visto molta tracce (presenti certamente più di 30 paesi ma le gallerie provenivano principalmente da USA, UK, Germania, Portogallo, Spagna e Brasile); migliaia di metri quadrati di esposizione (grazie alla nuova sede che comprende due immense ali della Feria de Madrid); ben 9 sezioni di cui 2 nuove: ARCO 40, che gioca con il numero 3 presentando gallerie con opere degli ultimi 3 anni per un massimo di 3 artisti e Performing ARCO, dedicata alle gallerie interessate a presentare artisti con opere live-performance.  Proprio per quest’ultima sezione (in che modo si pụ rendere acquistabile un’opera performance?!) mi sono chiesta come potesse essere definita più propriamente la ARCO: non “fiera d’arte” (troppo riduttivo), ma neanche “mostra” (nessuna eccessiva pretesa curatoriale). Forse più “evento”, nell’accezione derridiana del termine, luogo sia del possibile che dell’impossibile, dell’anticipabile e del non anticipabile: di nomi e cifre del collezionismo internazionale ma anche territorio ibrido aperto alla curiosità dei non addetti al settore e appassionati.  Per persone del genere (ed io mi sono sentita tra queste, più studente che studiosa di arte) la vastità e quantità da vedere ha lasciato sicuramente storditi, facendo entrare in un’inevitabile “overdose da arte” a cui probabilmente molti di noi sono stati affetti dopo ore ed ore dentro interminabili musei o biennali (con la conclusione che tutta la parte dedicata al Brasile è stata vergognosamente saltata.…).

In questo caso (ed i galleristi lo sanno, eccome!) attira il bizzarro, il trasgressivo: come poter ignorare i gatti (reali?) infilzati, uccisi da pezzi di vetro e latte avvelenato di Jan Fabre, o i corpi incredibilmente verosimili tumefatti e deformati di Enrique Marty per la galleria madrilena Espacio Minimo? Certo, c’è da chiedersi quanto il decontestualizzare le opere per porle dentro una vetrina patinata ne possa alterare il senso a favore del prezzo: basti come esempio il già citato Jan Fabre, artista visuale olandese nonché coreografo, regista e scrittore.  Come contrappeso alle sensazioni perturbanti, alcune visioni “rassicuranti” che riportano al già conosciuto, come ad esempio la André Simoens Gallery (Belgio) con Yayoi Kusama, Annette Messager, Rineke Dijkstra e Thomas Ruff; la Galerie Orangerie-Reinz (Germania) con Botero; la Galerie 1900-2000 (Parigi) con Man Ray; i “lanciatissimi” (dopo l’ultima biennale veneziana) AES+F con Last Riot per la Marat Guelman Gallery (Mosca); Vanessa Beecroft per la Galleria Lia Rumna (Napoli), Massimo Vitali per la Galleria Ernst Hilger (Vienna).  Le gallerie cinesi e coreane nonostante l’esigua minoranza (in totale circa dieci) presentano artisti decisamente sopra la media. Ne è stata prova la incredibile affluenza che ho visto intorno ai giganteschi quadri di Hyung Koo Kang, ritratti di icone dell’arte come Leonardo, Van Gogh, o Warhol dove l’accurata tecnica iperrealista abbinata ad alterazioni cromatiche (predominanze monocromatiche di blu, giallo, o marrone) esprime un virtuosismo contemporaneo, accattivante.

L’opera si risolve nella superficie, è la superficie stessa: niente significati nascosti, niente doppi sensi: soltanto pittura, e bravura. Ma che siano forse queste le caratteristiche principali (e più quotate) della ricerca artistica cinese contemporanea, che negli ultimi anni sta sempre di più travolgendo il collezionismo occidentale?!  Infine, sono rimasta piacevolmente colpita da alcuni nomi (a me) nuovi, due su tutti (l’elenco sarebbe troppo lungo e sterile!): le metamorfiche quanto perturbanti fotografie di Natalia Edenmont per la Wetterlin Gallery (Svezia), e un’artista italiana sulla quale spero in futuro si parli di più: Marzia Migliora, piemontese, classe 1972.  Il suo Test Optometrico, tre light box che giocano in modo semplice ed esteticamente efficace sulla percezione e i limiti visivi dello spettatore, mi ha lasciato ben impressionata...forse perché (involontariamente) buona metafora dello generale spirito di osservazione della fiera (per vedere altri suoi lavori vai qui).

Valentina Fiore


ARCO International Contemporary Art Fair Madrid, 27th International Contemporary Art Fair in Madrid

dal 13 al 18 febbraio 2008

Feria de Madrid, IFEMA, Madrid

www.ifema.es

 

 

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