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Chiacchierata con Liu Xiaodong

Protagonista alla mostra collettiva sulla Cina contemporanea, il quotatissimo Liu Xiaodong (nativo della provincia di Liaoning, 1963) è stato invitato dai curatori dell’esposizione ad eseguire un’opera qua in Italia. Un’intuizione brillante, che ha permesso di avere in mostra un pezzo eseguito ad hoc; ma soprattutto dato vita ad un evento nell’evento. Infatti il buon Liu ha la particolare abitudine di eseguire i propri lavori in presa diretta, operando dal vivo osservando dei “modelli” in carne ed ossa. Uno sforzo non da poco se si tiene conto che le scene di Liu coinvolgono spesso gruppi nutriti di persone ritratti a grandezza naturale e che le sue tele misurano non meno di dieci metri di lunghezza per un paio di metri e mezzo d’altezza. Ho avuto la straordinaria opportunità di partecipare a tale operazione artistica posando per il monumentale dipinto ad olio “Eat first”, “Prima mangia”, eseguito dall’artista in nemmeno due settimane di lavoro. Una maratona iniziata il 4 febbraio scorso e terminata il giorno stesso dell’inaugurazione, con il pubblico che ha potuto assistere agli ultimi ritocchi al dipinto dati al momento dall’artista cinese. Una sorta di happening, atto culminante di un progetto che ha coinvolto in varie sessioni di posa tredici persone, di età compresa fra i 18 ed i 90 anni, quasi tutte sconosciute fra loro: il loro (il nostro) compito, quello di presentarsi ogni giorno ad ora di pranzo, sedersi  attorno ad un’enorme tavolata imbandita con ogni ben di Dio e iniziare, spontaneamente, a mangiare. Di fronte a noi, a pochi metri di distanza, la tela stesa a terra. Sopra, Liu Xiaodong  scalzo, intento a percorrerla e a marchiarla con i suoi colori; inizialmente bianca, sterminata, un’arena pronta ad accogliere la sfida fra l’artista ed il suo soggetto, poi punto di raccolta di forme talmente realistiche da apparire fotografie. Lo sguardo dell’artista sempre rivolto a noi, i caratteristi della raffigurazione. Liu, pittore figurativo talmente vicino alla rappresentazione fedele dei suoi modelli da sconfinare nell’iperrealismo, ha scelto come tema quello dell’ “Ultima Cena” (ecco spiegato il perché della tavola e del cibo). Durante le estenuanti ma non meno entusiasmanti giornate di lavoro, ho avuto il privilegio di osservare da vicino il processo creativo dell’artista, nel suo divenire. Ma anche di trovarmi in una situazione surreale, un pasto dalla durata matrimoniale, condiviso con altri uomini, fino ad allora perfetti sconosciuti e diventati dopo poche ore compagni ideali e conviviali di quest’esperienza. Nei momenti di pausa ne ho approfittato per avvicinarmi a Xiaodong, un fenomeno di umiltà e umanità a tal punto da brindare con noi a tavola ed ammiccare con benevolenza di fronte ai ragazzi più giovani del gruppo che ad ogni occasioni gli scroccavano misteriose quanto gradite sigarette cinesi. Di sicuro, sempre molto più a suo agio con noi che nelle situazioni “ufficiali”, come in occasione delle visite di Achille Bonito Oliva (col suo improbabile slang anglo-napoletano) e dell’esponente della Transavanguardia Enzo Cucchi. Di seguito ho riportato un estratto delle nostre conversazioni riunito in una sorta di intervista. Ho usato tale formula per comodità e sintesi di scrittura, perché in realtà quasi mai mi sono trovato a dover porre domande: chiacchierando, le risposta le ho sempre trovate fra le righe.  Saverio: “Cosa intendi rappresentare con questo dipinto monumentale”?  Liu: “Una cena, non si vede”?  S: “Ś, questo è chiaro…Intendevo dire a livello di significato”!  L: “Il livello di lettura, in questo dipinto, è puramente epidermico. Non bisogna ricercare chissà quali oscuri rimandi. Ho voluto rappresentare una “Ultima cena” in chiave contemporanea, con uomini che indossano abiti attuali, intenti a fare quello che nella tradizione iconografica delle “ultime cene” non viene mai rappresentato, ovvero mangiare. Poi, a livello di sensazioni, ognuno pụ vedere cị che vuole, ma la mia volontà non è quella di attribuire valori misterici o significati metafisici”.  S: “E Leonardo dov’è”?  L: Il riferimento è solo alla disposizione di 13 persone attorno ad una tavola. Per il resto c’è poco: non traspare alcun atteggiamento emotivo, non ci sono sentimenti religiosi e di pathos. Anche la disposizione a tavola non ha alcuna importanza: solo per la figura di Gesù, al centro, ho detto al più anziano di sedersi, ma solo perché nessuno se la sentiva di occupare spontaneamente uno spazio coś “importante””!  S: “Perché proprio l’Ultima cena”?  L: “Espongo in italia e mi hanno invitato ad eseguire un lavoro qua: inevitabile confrontarmi anche solo attraverso una citazione, con la tradizione. Ammiro Leonardo per la sua manualità, la resa delle atmosfere, il suo cogliere aspetti psicologici nei personaggi”.  S: “Mi ha impressionato il fatto che non hai usato nessun tipo di disegno preparatorio, ma hai agito direttamente col colore sulla tela. Anche per i dettagli minuziosi del volto. Come ci riesci”?  L: “Allenamento, pratica, pazienza, amore per il pennello”.  S: “Perché operi solo in presa diretta, affidandoti a dei modelli?”  L: “In effetti, al giorno d’oggi, basterebbe fare una serie di foto, ingrandirle ed avrei senza costi e spese dei modelli belli e pronti, oltretutto perfettamente immobili. Ma cị che mi interessa è cogliere la sfumatura, il movimento impercettibile, lo sguardo inconsueto per rendere al meglio l’espressività di una persona”.   S: “Che mi dici della scena artistica cinese”?  L: “E’ molto presente, in crescita: esistono varie accademie dove si insegnano i fondamenti e le tecniche base. Spirito d’osservazione e manualità sono le caratteristiche principali del nostro fare arte oggi, ovviamente non si pụ estendere a tutta l’arte cinese, ma la mia esperienza dice questo”.   S: “Parlavi di sensazioni che possono scaturire dall’osservazione del dipinto. A me pare che la tela parli anche di assenza di comunicazione: in più la tavola, con tanti personaggi di diverse fasce d’età, mi è sembrata il luogo più adatto ad esprimere la parabola dell’esistenza umana, dal vigore giovanile all’introspezione, quasi un isolamento, della senilità”.  L: E’ una di quelle sensazioni di cui parlavamo prima. E, in effetti è così: qua si mangia, non si parla”.

Saverio Verini


Prima mangia, Eat first - Liu Xiaodong

dal 19 febbraio al 18 maggio 2008

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194 - Roma

www.palazzoesposizioni.it

 

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