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Gregory Crewdson e il magico crepuscolo

Dopo cinque anni di chiusura per restauro, riaprono i battenti del Palazzo delle Esposizioni con Rothko, Ceroli e una mostra dedicata a Kubrick. Lo spazio occupato da Ceroli dal 19 dicembre è destinato a Gregory Crewdson con una mostra organizzata da Stephan Berg che presenta il percorso artistico del fotografo statunitense, dagli anni 80 con la serie “Early Work” all’ultima degli anni  2003-2005 “Beneath the Roses”.  Gli scenari dell’anonima America suburbana presentati da Crewdson si popolano di personaggi preoccupati, angosciati, sprofondati in una velata atmosfera crepuscolare.

Il fotografo per realizzare questi immensi capolavori si avvale di produzioni un po’ ambiziose che vedono al lavoro una vera e propria equipe cinematografica con tanto di macchine di grande formato, schieramenti di luci, tecnici, trucchi ovviamente truccatori. Nonostante il gran numero di persone, il tempo necessario alla preparazione del set, degli attori e la lunga fase di post produzione computerizzata le foto sono presentate dall’autore come “elementari pitture (…) che non potrebbero essere più semplici”.

Quello colto dal fotografo americano è un momento di transizione che si situa tra un prima e un dopo che non vedranno mai la luce. Crewdson non è infatti interessato a raccontarci una storia, il mistero non viene svelato, rimane invece celato, irrisolto, offuscato dalla stessa nebbia del crepuscolo che invade le ampie strade fotografate. Un fotogramma quindi, una staged photografy che peṛ, come nella tradizione, non ha nulla a che fare con la pellicola cinematografica.  Tra gli artisti che hanno influenzato il lavoro del fotografo troviamo Edward Hopper, Roy Bradbury e soprattutto David Linch. Crewdson sostiene infatti di essere molto cambiato quando, negli anni 80, ha visto per la prima volta Velluto blu.  Sono uscita dalla mostra un po’ scossa e spaesata dalla perturbante visione di quegli estraniati interni domestici, dai volti afflitti e dai forti colori. Fortunatamente a volte una sistemazione non valorizzante un po’ nascosta e di labirintica ricerca, non risulta sufficiente a domare “l’intricante e oscura energia” la portentosa vitalità delle luci, la potenza del crepuscolo. E proprio nel crepuscolo sta questa forza magica delle fotografie di Crewdson, nel momento che non perde di incanto neppure nelle parole, neppure nel vano tentativo di renderne da parte del suo ricercatore una definizione: “è un momento di perfezione. Amo quel momento. Attualmente vivo per lui.”

Alessia Colasanti


Gregory Crewdson

a cura di Stephan Berg

dal 19 dicembre 2007 al 2 marzo 2008

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194 - Roma

www.palazzoesposizioni.it

 

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