Sei qui: Home Magazine ARCHIVIO SC MAGAZINE
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size
Cerca

www.sguardocontemporaneo.it

RUBRICA | Impertinenze

Cafè Velleità

Lo scorso mese, la ricerca di mostre da recensire per Sguardo Contemporaneo mi ha spinto –  casualmente – in due luoghi non propriamente definibili “centri espositivi”. Trattavasi infatti di una libreria e di un pub, locali che ora i più – me compreso – usano indicare con il termine “caffè letterario”. Tale categoria sta raccogliendo sotto le sue quindici lettere un numero imprecisato di luoghi di concentrazione: quello che prima era un modesto baretto di quartiere ora diventa un wine-bar, lo scantinato si trasforma in associazione culturale, la libreria scalcagnata un centro conferenze. Tutti con il loro spazio espositivo, come ogni galleria che si rispetti.

Nuove roccheforti della cultura sembrano spuntare giorno dopo giorno, specie a Roma. Ma è bene osservare il fenomeno con attenzione: non sempre l’altisonanza dell’inedita denominazione coincide con una rinnovata eleganza del posto. E, più che sull’eleganza, è bene soffermarsi sulla qualità dell’offerta. Il connubio arte-intrattenimento (o meglio, divertimento) è una delle grandi conquiste delle avanguardie del Novecento: guai a toccarlo. E so benissimo che la visione di opere esposte durante l’ascolto di un gruppo musicale in un pub, non meno che nel bel mezzo di una cena non pụ che aggradarmi (in alcuni casi addirittura favorire la digestione!). Tuttavia, doloroso a dirsi ma è coś, non sempre tale binomio va appannaggio dei lavori degli artisti (spesso sconosciuti), i quali vedono in molte occasioni le loro “creature” isolate tristemente in un angolino oppure schiacciate sotto l’ascella del corpulento avventore di turno che magari non s’è accorto di essere appoggiato alla tela alle sue spalle.

Quindi: ben venga l’arte nei ristoranti, nei caffè, nelle librerie, nelle discoteche. Ma proprio perché luoghi con “altra destinazione” rispetto a quella espositiva, è in posti del genere che le opere dovrebbero essere valorizzate, protette, collocate affinché possano essere “viste”. Altrimenti si pụ parlare di semplice decorazione, un arredo superfluo spesso esposto al rischio di (più o meno) involontari “interventi impropri” da parte dei clienti (leggasi: danneggiamenti). Non credo sia sufficiente “magnà attorno ar quadro” per incrementare, oltre al proprio girovita, anche il bagaglio culturale. Devono esserci le giuste condizioni per gustare un’opera e non è obbligatorio per tutti i locali seguire la moda del “caffè letterario”. Un quadro, una scultura, una foto, un video, un’installazione hanno bisogno del proprio spazio per esistere e penso non ci sia nulla di più avvilente, in primis per l’artista, del vedere un lavoro artistico snobbato in un ambiente non suo, avulso dal contesto. Rimango comunque convinto che sia giusto continuare, ove possibile, a far ś che le manifestazioni artistiche entrino in contatto con più pubblici anche fuori dai musei e dai convenzionali centri del “sistema arte”. Che possano incunearsi all’interno dei circuiti più disparati. Con la speranza che la sensibilità di un ignaro fruitore, magari venuto per farsi una birra, possa essere stimolata. Sicuri che in questi casi non ci sia bisogno di ricorrere più spesso all’intervento di chi, qualificato, sa come valorizzare un’opera e curare un’esposizione?

Saverio Verini

 

Pubblica questo Articolo

Facebook Twitter Google Bookmarks RSS Feed