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Hello Simon Dybbroe Møller!


Simon Dybbroe Moller, Hello, audio piece.

Anche se sono passati un paio di mesi dall’inaugurazione, la personale di Simon Dybbroe Møller è sicuramente una mostra da vedere durante queste vacanze natalizie! L’artista danese sceglie un intervento installativo dalle grandi dimensioni, lavorando su più livelli percettivi, e rivoluzionando l’aspetto della Fondazione.

Il pavimento di una palestra di 600 mq è stato smontato e riassemblato in maniera completamente casuale all’interno della Fondazione Giuliani. Sul parquet sono state mantenute le linee che delimitano il campo, di colore diverso a seconda della disciplina di appartenenza. Ne viene fuori un’opera apparentemente costruttivista, ma in realtà è l’esatto opposto, la geometria è solo un pretesto. Le linee geometriche non rispecchiano nessun ordine, sono il frutto di accostamenti casuali, l’esattezza della forma che viene tradita dell’imprevedibilità del caso; solo una parte del campo da gioco è stato ricostruito esattamente: il cerchio che in genere si trova al centro del campo da basket, un chiaro richiamo alla lettera ‘O’, ma soprattutto all’Inizio di tutte cose, come se l’artista volesse riportarci al grado 0 dell’arte, a domandarci il perché dell’arte oggi, a cosa serva e se abbia ancora uno scopo.

Il tutto viene reso in maniera molto delicata e divertente, lo stesso pavimento richiama l’idea di gioco, di lavoro di squadra, di persone che, unite dalla passione, lavorano per raggiungere un obiettivo.

 


Simon Dybbroe Moller,
Hello, installation view, courtesy Fondazione Giuliani

 

Simon Dybbroe Moller, Hello, installation view, courtesy Fondazione Giuliani


Ovviamente non finisce qui, il tour è accompagnato dal suono di una parola: «hello» che dà il titolo non solo all’audio piece, ma all’intera mostra. Una voce informatica saluta e accoglie il visitatore in ogni sala. La scelta della parola ‘hello’ non è affatto casuale, già a livello fonologico, per il suo particolare suono, viene percepita dallo spettatore, ancor prima dell’attribuzione del significato.

Le pareti sono allestite con degli assemblaggi : ‘Things Thinking Things’, oggetti fotografati e incorniciati, scelti in base al vocabolo che li identifica e non in base al loro utilizzo o scopo. L’unico criterio di scelta si basa su una regola fonetica, una delle più semplici e utilizzate:la rima. Tutti gli oggetti, o meglio i nomi degli oggetti fanno rima con ‘Things’, quindi ci sono ‘Kings’, ‘Rubber rings’ e via di seguito. Il lavoro sui fonemi, sul linguaggio attraverso anagrammi o giochi di parole è una costante del  lavoro di Dybbroe Møller.

Ancora sulle pareti si trova la serie ‘O’: la lettera non è mai completa, questo fa sì che a volte sembri un’altra lettera o semplicemente un segno, trasformandosi quindi in nuovo codice linguistico-figurativo. ‘O’ è la serie che precede ‘Hello’, «una sorta di eco prematura», come scrive lo stesso artista, che oscilla tra il troppo e il meno di niente.

‘Produce’ è l’ultima serie di opere presenti sulle pareti, esse nascono dall’improvvisa interruzione del processo di stampa, rimane solo una traccia dell’immagine che la macchina stava per stampare, così come in ‘O’, rimane solo un segno, ma in ‘Produce’ è l’interruzione stessa dell’azione di una stampante a concretizzarsi in immagine.

L’artista vuole che lo spettatore viva una vera e propria esperienza 'con' l’opera e 'dentro' l’opera, che emerga, come nella vita, la dimensione dell'imprevisto, la dimensione dell’imprevedibilità e quindi del rischio, che poi fa parte dell’esperienza cognitiva quotidiana di ogni individuo.


Simon Dybbroe Moller, Things Thinking Things, courtesy Fondazione Giuliani

Chiara Ciucci Giuliani


Hello - Simon Dybbroe Møller
dall' 11 ottobre 2011 al 28 gennaio 2012
Fondazione Giuliani, Via Gustavo Bianchi 1 - Roma

www.fondazionegiuliani.org

 

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