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Reworking Memories


A. Polska, How The Work Is Done (2011), courtesy Federica Schiavo Gallery

Oggetti, immagini, testi, dati storici integrati nelle opere di tre artisti, tutti provenienti dall’Est Europa: riappropriazione di ciò che è stato tralasciato e personale rielaborazione della memoria.
Un gruppo di installazioni scultoree di Nika Neelova (Russia) ci accoglie nella prima sala: As Yet Untitled, struttura in legno carbonizzato e Relics, composta rispettivamente da una struttura circolare realizzata con cera, avorio, corna di narvalo e un gruppo di vari elementi rotti, frammenti. E’ proprio sul concetto di frammento, rovina che si basa la riflessione dell’artista: le rovine sono resti del passato che sopravvivono nel presente, residui di qualcosa che ha vissuto, segni tangibili di un tempo intangibile, tracce riconoscibili di un mondo sconosciuto. Le strutture in rovina evocano elementi culturali e architettonici che l’artista ha conosciuto e visto ma allo stesso tempo l’impiego delle corna di narvalo rimanda alla leggenda dell’unicorno rendendo sempre più labile il confine tra realtà e immaginazione, visibile e invisibile, presenza e assenza. Si tratta di rovine ‘artificiali’, di qualcosa che non è mai esistito (di cui è simbolo l’unicorno) ma che grazie ai materiali impiegati (corna di narvalo) diventa tangibile. I frammenti di Nika Neelova non sono delle reliquie fisse, pietrificate ma sono cariche di divenire, in quanto stimolano interrogativi e riflessioni.


N. Neelova, Installatio view, courtesy Federica Schiavo Gallery

Attraversando il corridoio, una serie di fotografie in bianco e nero introducono il progetto di Agnieszka Polska (Polonia) How The Work Is Done che include il video proiettato nella seconda sala, riflessione sui dati storici, legati in particolare alla storia dell’arte, sfuggiti al processo di archiviazione che possono riemergere all’improvviso, inaspettatamente, come le immagini di un sogno: nel video, caratterizzato da uno stile documentaristico e da una narrazione lenta, a simulare il processo di memorizzazione, si fa riferimento all’occupazione nel 1956 del laboratorio di scultura e ceramica dell’Accademia di Belle Arti di Cracovia da parte di un gruppo di studenti, attraverso un montaggio in cui l’artista unisce immagini reali a visioni oniriche. Partendo da illustrazioni di giornali, riviste, testi del passato, l'artista crea sia nelle sue fotografie che nel video un collage di elementi eterogenei, trasformando la sua stessa arte in un archivio della memoria, la cui interpretazione non è mai definitiva ma continuamente modificabile.


A. Polska, How The Work Is Done (2011), courtesy Federica Schiavo Gallery

Interventi di makeup su immagini in bianco e nero di attori cecoslovacchi tratte da libri del 1955 diventano metafora della manipolazione dell’individuo da parte dei regimi totalitari nelle opere  Society ISociety II di Svätopluk Mikyta. Questa operazione enfatizza le pose e le espressioni innaturali dei protagonisti, ponendo in evidenza l’inganno, e sposta l’effetto dell’immagine dalla percezione visiva alla riflessione, creando strati di significato aggiuntivi. Attraverso l’intervento artistico si conosce di più di ciò che si conosceva già:  «l’arte non può mai essere alcunché di diverso da un linguaggio del riconoscimento - affermava Gadamer - nel riconoscimento la cosa conosciuta emerge come attraverso una nuova illuminazione, e viene colta nella sua essenza».


S. Mikyta, Installatio view, courtesy Federica Schiavo Gallery

Con Reworking Memories gli artisti dimostrano come il dato storico non sia monadicamente chiuso in sé stesso ma possa essere rielaborato e riesposto in modo sempre differente generando riflessioni e inducendoci a prendere nuova consapevolezza di ciò che è stato.

Carmela Rinaldi


 

Reworking Memories
dal 25 novembre 2011 al 28 gennaio 2012 
Federica Schiavo Gallery, Piazza Montevecchio 16 - Roma 
www.federicaschiavo.com

 

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