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Età della vita. Giacinto Cerone

Aquila (2002)

Scomparso precocemente solo pochi anni fa, nel 2004, è stato pure protagonista di una retrospettiva — la prima — alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (eppure non si può certo definirlo un artista da museo, nel senso più conservatore del termine).
Questa volta le opere di Giacinto Cerone, romano d’adozione, sono esposte in due gallerie del centro, Valentina Bonomo ed Edieuropa, in occasione dell’evento Artughet 8. L’associazione delle gallerie del Ghetto ha scelto di festeggiare il suo primo anno di attività con una performance di quattro artisti. Valentina Bonomo e Galleria Edieuropa hanno scelto di rendere omaggio a Giacinto Cerone, che già nel 1993 esponeva alla Galleria Bonomo.


La sposa infelice (1994)

Artista di ricerca, Cerone ha focalizzato l’intero suo lavoro su materiali 'plasmabili', con una particolare predilezione per la plastica, il gesso e la cera. La mostra, Età della vita (che prende il nome da una poesia di Friedrich Hölderlin, poeta amato dall’artista), raccoglie in un unico percorso fra le due gallerie del Ghetto le opere che lo scultore ha realizzato nel corso della sua vita, testimoniando la sua ricerca di equilibrio fra il mondo reale e la sua simulazione.
In un gioco di chiari e scuri, da Valentina Bonomo, le opere di Cerone appaiono silenziosamente inquiete. Le sue sono sculture vive, seppur apparentemente incomplete (d’una incompletezza che ricorda intenti michelangioleschi), composte da più materiali e tinteggiate con tre colori predominanti: bianco, nero, rosso. Scalfite, lacerate, modellate, imperfette, come se fossero opera di un Tim Burton della scultura, i lavori trasmettono l’emotività dell’autore, inducendo lo spettatore a provare le medesime sensazioni.
Si percepisce che lo scultore ebbe un rapporto quasi fisico, oltre che mentale, con i suoi materiali; un rapporto tale da poterli ‘sentire’ come esseri viventi e aventi una propria anima. Lo stesso Cerone scrisse: «Non voglio più immagini, voglio oggetti, simulacri di un mondo visibile». Le sue opere sembrano, assomigliano, ricordano; ma non sono. Anche i titoli delle opere riportano ciò che l’artista rivedeva in esse o spunti per ciò che avrebbero potuto essere (Aquila, La sposa infelice). A tratti le sculture appaiono come grossi crateri, esplosioni, ruderi, rimembranze d’una architettura in disuso, maschere o solo figure fitomorfe. Il tutto accompagnato dalla perseveranza di forme geometriche nello sforzo di ricercare un equilibrio delle cose.


S.t.

Gli stessi elementi si riscontrano anche nei suoi disegni alla Galleria Edieuropa. Convulsi e dubbiosi, proprio come le sculture, i disegni presentano figure un po’ floreali e un po’ umane, rivelazioni di un’anima inquieta. È necessario dire, però, che le opere potrebbero apparire come composizioni già conosciute in forma scultorea (la tecnica mista, l’utilizzo di monocromi e l’esasperata geometria, infatti, riecheggia artisti come Burri e De Dominicis, suo coetaneo), se non fosse, però, per la grande carica emotiva che possiedono e che permette loro di imporsi nello spazio e nella vita, obiettivo primario dell’artista.


Giorgia Salerno


Età della vita - Giacinto Cerone
dal 4 dicembre 2011  al 3 febbraio 2012
Galleria Valentina Bonomo,
Via Del Portico D’Ottavia 13 – Roma
Galleria Edieuropa, Piazza Cenci 56 – Roma
www.galleriabonomo.com
www.galleriaedieuropa.com

 

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