Sei qui: Home Magazine ARCHIVIO SC MAGAZINE
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size
Cerca

www.sguardocontemporaneo.it

RUBRICA | Reflexioni

Caro Ando ti scrivo

Sono già passati un po' di giorni. Ma a me succede spesso, anche con gli amici più cari, di scordarmi il giorno del loro compleanno e ritrovarmi così a fargli gli auguri o in anticipo o in ritardo. E poi, con tutto il tempo che ora hai davanti, un tempo infinito, qualche giorno in più non cambia certo niente. Ho letto in giro del tuo testamento, in cui al posto di un funerale chiedi una festa di compleanno. Mi piace l'idea, quasi quasi te la rubo per quando sarà pure il mio momento, e poi ti si addice così bene. Non sapevo esattamente cosa scriverti nel biglietto, ho fatto pure un giro su facebook, che magari riuscivo a riciclare qualche bella frase dedicata a Lucio Dalla.
Ma non funziona. Non funziona perché nelle dediche per Dalla compare quasi sempre la parola 'angelo'. E non prendiamoci in giro, tu un angelo non eri. Anzi, eri un diavolo tu. Mica può bastare farsi crescere la barba, come nella più banale iconografia di Dio.
Eri un provocatore tu, di quelli con la p maiuscola. Ma nel senso vero della parola: pro 'avanti' - vocare 'fuori': sfidare, eccitare, stimolare. Che la provocazione è utile, oggi più che mai, ma quella vera, non quella di plastica pensata a tavolino. Ma bisogna stare attenti, non farti guru, che non credo apprezzeresti. Storico della fotografia, critico, fotografo, editore, fondatore della Fototeca Storica Nazionale.
Un uomo attento al mondo intorno e a come veniva raccontato.
E' difficile trovare una cosa da regalarti per questo compleanno, facciamo che ti riciclo una poesia.

Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati.
Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese,
i pensionati sulle panchine solitarie che aspettano la morte come un treno nella notte.
Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime delle droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia.
Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perchè non possono respingerti. Non fotografare la suicida, l'omicida e la sua vittima.
Non fotografare l'imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo.
Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già soppportato la violenza non aggiungere la tua. Loro debbono usare violenza, tu puoi farne a meno.
Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi. Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l'eroico moncherino.
Non ritrarre un uomo solo perchè la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme. Non perseguitare con i flash la ragazza sfigurata dall'incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l'attrice imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungere le tue fotografie. Non fotografare la madre dell'assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso l'amante, e nemmeno gli orfani dell'amante. Non fotografare chi subì ingiuria: la ragazza violentata, il bambino percosso. Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del diritto all'informazione. Se è davvero l'umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l'ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica. Non fotografare chi fotografa; può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale.
Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel quadro davanti alla gabbia del condannato all'ergastolo, all'impiccato che dondola, alla puttana che trema di freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine?? Perchè presumi che il costume da free-lance, una borsa di accessori, tre macchine appesa al collo e un flash sparato possano giustificarti?


 

Valeria De Berardinis

 

 

Pubblica questo Articolo

Facebook Twitter Google Bookmarks RSS Feed