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Franz West - Roman Room

Le sproporzionate sculture dell’austriaco Franz West hanno invaso il raffinato ovale della sala principale della Gagosian Gallery. Stonando un po’ con l’ambiente, effettivamente. Questi elementi precari e privi di una forma ben definita poco si adattano all’architettura pulita e asettica del luogo che li ospita. In realtà, però, è forse questo contrasto a metterli maggiormente in luce, evidenziando la voluta scarsa ricercatezza con cui West li ha realizzati.


Ecolalia (2010), courtesy Gagosian Gallery



Ecolalia è il titolo del lavoro: sette elementi monumentali, realizzati con materiali comuni (cartapesta, gommapiuma, garza, cartone, acciaio, legno) e disposti a formare un cerchio, seguono l’andamento della sala. Si sviluppano nello spazio in maniera instabile, ergendosi da piccoli contenitori che poco credibilmente sembrano sostenerne il peso. Non hanno alcun richiamo alla realtà; si tratta di sculture astratte, che solo alla lontana possono ricordare i dolci in dimensione ambientale realizzati da Claes Oldenburg. Certo, è evidente la differenza. Per quest’ultimo il legame con il mondo della realtà era manifesto, mentre per West si tratterebbe in caso di una semplice suggestione, che resta in definitiva debole. I suoi lavori infatti sono da ascrivere decisamente al campo astratto, piuttosto che a quello realista. Ad Oldenburg, però, viene soprattutto da pensare quando si osserva il trattamento dei volumi dei pezzi di Ecolalia. È una materia eruttante, non disciplinata, che invade lo spazio interessandosi poco della gradevolezza visiva con cui si presenta allo spettatore. La vernice cola su questi oggetti in maniera poco curata, non discostandosi troppo dalla modalità con cui i cibi disgustosi di Oldenburg prendevano forma.

West è attento ai suoi predecessori, guardando con attenzione anche all’arte performativa dei decenni passati. L’interazione tra i suoi lavori e il pubblico è difatti un altro aspetto rilevante della sua attività. In questo caso, la modalità di fruizione non convenzionale delle opere viene ottenuta collocando delle sedie al centro della sala, in mezzo alle sculture, che invitano il visitatore ad accomodarsi. Tuttavia, se con questo dispositivo West suggerisce una fruizione lenta e rilassata del suo lavoro, dall’altro esso si rivela apparente, in quanto le sculture sembrano costantemente sul punto di crollare a terra e di precipitare sullo spettatore seduto in mezzo ad esse.

ION (2010), courtesy Gagosian Gallery

 

A confermare la volontà di West di coinvolgere attivamente il pubblico sono posizionate nella prima sala due Adattabili, sculture che intendono nuovamente instaurare con il visitatore un rapporto dinamico e partecipativo. Questo tipo di interazione viene chiarita dai video posti di fronte alle sculture, dove ne viene illustrato l’utilizzo da parte di un potenziale visitatore. Nel caso di ION, un elemento bianco tubolare, la persona che viene ripresa interagisce con l’oggetto in maniera creativa, poggiandovi la testa, rotolando accanto ad esso e arrivando a sputarvi sopra. Osservando questa performance si rimane emozionati nel pensare che sia possibile un approccio così forte e libero a un oggetto artistico. Tuttavia, ci si interroga se questo sia davvero possibile. Portando infatti l’attenzione dal video all’oggetto esposto in sala, esso non sembra darci la possibilità di un simile contatto (né, soprattutto, il custode della galleria). Ci si domanda, quindi, se sia davvero possibile rispettare fino in fondo l’artista, la cui volontà è che questi oggetti prendano vita e si completino solo con l’intervento dello spettatore. Potrebbe trattarsi di una situazione simile alle mostre di street art ospitate nelle gallerie, dove il luogo in cui nasce e vive quell’arte, la street appunto, viene sostituito da uno spazio convenzionale, che disciplina un lavoro che, almeno inizialmente, nasce come protesta in contesti alterativi.

Due sculture informi e singolari, simili a quelle della sala principale, sono invece collocate all’ingresso della galleria. Si intitolano Caino va incontro ad Abele e, sebbene i personaggi biblici non siano identificabili, tuttavia si rende manifesto il rapporto di sfida che intercorre tra i due, trasfigurati in sculture astratte che si affrontano minacciosamente.

Caino va incontro ad Abele (2010), courtesy Gagosian Gallery


Mostra sicuramente non banale, Roman Room dichiara però nel suo complesso una certa freddezza, aspetto che dovrebbe risultare estraneo all’impegno di un artista inteso a coinvolgere dinamicamente il pubblico. Il contatto tra l’opera d’arte e il ‘mondo’ accade in maniera più riuscita nell’altro gruppo di opere che l’artista viennese ha pensato per Roma, un’installazione a Piazza di Pietra visibile fino al 16 ottobre che, nascendo in luogo pubblico, può forse portare a buon esito tale aspirazione interattiva.

 

Francesca Castiglia


Franz West - Roman Room
Dal 16 settembre al 30 ottobre 2010
Gagosian Gallery, via Francesco Crispi 16 – Roma
www.gagosian.com

 

 

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