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Il mestiere dell’arte di Hila Karabelnikov

Hila Karabelnikov è alla sua prima personale in Italia, presso la ET Gallery, proprio a due passi dal Portico d’Ottavia. Giovane artista, formatasi in Israele, continua a vivere e lavorare a Tel Aviv, ma non è nuova al panorama espositivo italiano: già presente due anni fa nell’ambito della collettiva Contemporary art in Israel presso Il Vittoriano, ha preso parte lo scorso anno a Constellation-Israeli contemporary art, nella sede torinese e in quella romana della Galleria di Ermanno Tedeschi. «Lavorare con l’arte israeliana, non è soltanto un’impresa commerciale per me, spiega Ermanno Tedeschi, ma è anche il modo per esprimere il mio profondo legame con la Terra di Israele»: basandosi su questa linea programmatica, la galleria è caratterizzata da precise scelte espositive e trova una cornice ideale nella suggestiva area del ghetto di Roma.


Marry go round
(2009), Courtesy ET Galley

Hila Karabelnikov dal canto suo risponde in modo altrettanto pertinente alla direzione che questo spazio espositivo, attivo già da tre anni nella capitale, intende intraprendere. I suoi lavori riprendono momenti della vita religiosa ebraica, ma anche frammenti del quotidiano: le opere di grande formato alternano immagini d’interno con scenari affollati da uomini in preghiera, come in Roma Synagogue, a paesaggi industriali con strade percorse da auto e camion (Kishke in landscape), dove i riferimenti alla cultura ebraica appaiono meno evidenti, ma sempre silenziosamente presenti. In altri lavori di piccolo formato invece l’artista osserva e ferma con occhio attento scorci pieni di poesia e realistici, ma non mimetici, della città di Roma (e forse anche di altre città): così in Pigeon in a bag, Kruchke e Woeer vediamo in primo piano piccioni  che raccolgono cibo in cartoni abbandonati a terra dai passanti o semplicemente appollaiati sui marciapiedi, mentre in altri quadri sono ben riconoscibili alcune vedute di Piazza Navona, come la giostra allestita durante il periodo natalizio (Marry go round), la Fontana dei Fiumi (Fountain) e la Fontana del Moro (Le gabbiano).


Pigeon in a bag
(2009), Courtesy ET Gallery

Altre opere, in particolar modo quelle che presentano personaggi femminili, hanno un’aria sinistra e diventa difficile cogliere il messaggio dell’artista; non c’è più semplicemente il desiderio di raccontare delle scene di vita quotidiana, ma traspare dell’altro: le immagini si fanno simboliche e forse proprio qui la Karabelnikov manifesta le sue capacità più interessanti. Bridal Studio raffigura un’immagine d’interno dove si affastellano abiti e accessori da sposa, collocati su dei manichini. Il bianco dei vestiti nuziali si staglia su uno sfondo verde, mentre spicca una figura di donna che si distingue dai manichini grazie ai capelli rossi e al colore rosa delle braccia. L’immagine femminile cerca di prendere vita grazie alla presenza di colori vivi, ma rimane rigida e immobile, intrappolata dietro il bianco. In Terrible days un’altra figura femminile, che richiama la precedente, sistema dei libri di carattere sacro in una sala piuttosto spoglia, dedicata alla vita religiosa: qui diventa protagonista un giocattolo blu, posto in primo piano e riverso sul pavimento, a segnare un richiamo al mondo dell’infanzia: il pupazzo è collocato in un contesto cui sembra non appartenere e crea un effetto straniante e cupo.


Terrible days
(2009), Courtesy ET Galley


Tutte le immagini di Hila Karabelnikov, pur nelle differenze di contenuto, sono costruite allo stesso modo: l’artista dà vita alle forme attraverso il colore; il colore a sua volta nasce da un lento e metodico lavoro. Ogni immagine è infatti realizzata con piccoli pezzi di nastro adesivo colorato, su supporti lignei o in tela. L’effetto naïf di alcune figure umane è la risultante di questa tecnica che richiama da lontano il mosaico e il collage, ma vuole soprattutto affermare l’artigianalità del fare arte ed evocare la lentezza e ritualità dei mestieri femminili. Sia nella scelta della tecnica che nelle opere più interessanti esposte in mostra è il tema del femminile a spiccare e rendere particolari i lavori di questa giovane artista. Così la ricerca nel femminile, pur rimanendo in sottotono rispetto alle scelte iconografiche prevalenti, potrebbe diventare invece il vero punto di forza dell’artista, qualora indagato con maggiore consapevolezza.


Eleonora Capretti


Hila Karabelnikov
dal 14 settembre al 10 novembre 2010
Ermanno Tedeschi Gallery, Via del Portico D'Ottavia 7 - Roma
www.etgallery.it

 

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