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Venti Libristi: la parola all’arte

Un posto importante nel mondo dell’arte va riservato ad una particolare forma di espressione che prende il nome di Libro-oggetto: sviluppatosi soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, è un genere particolare, di importanza per nulla secondaria, e che ha trovato nel panorama dell’arte italiana una fiorente schiera di estimatori. Forse perché rappresenta un’ottima sintesi dei concetti, largamente sviluppati da molti artisti del Novecento, di parola e immagine, o, meglio ancora, una summa.  Tra i principali esponenti italiani, è Mirella Bentivoglio, curatrice della mostra Venti Libristi, oltre che autrice di alcuni lavori presenti all’interno dell’esposizione. L’artista spiega, a tal proposito: “Sommano in sé due universi: quello del Logos, il linguaggio, che rappresentano nella loro forma, e quella di Mater, la materia, che celebrano nella loro sostanza”. Opere la cui caratteristica principale è l’immediatezza: colpiscono lo spettatore senza troppi giri di parole (anzi, trattandosi di libri-oggetto, con ben poche parole), invitano a riflettere, fanno sorridere per la loro geniale semplicità. Come in “Codice”, 1980, in cui Attilio Antibo fa “parlare la terra”: nella sua opera, infatti, sono gli strati di terra cotta a costituire il corpus del libro; le crepe della terra ne ricordano le righe, e ci raccontano il vissuto di quel materiale. Gisella Meo, invece, dà vita ad un libro di cartone altamente simbolico: le pagine sovrapposte creano le due costruzioni architettoniche della piramide e dell’anfiteatro e il titolo, “Square’s Square”, si riferisce sia al quadrato, sia alla piazza. Ancora, Lamberto Pignotti, ne “Il mondo”, crea un libro di acciaio le cui serigrafie sono dei rebus che rimandano al titolo. Colpisce anche la forza visiva dello pseudo-romanzo di Eugenio Miccini, “Il mare”, un recipiente trasparente a forma di copertina, contenente un liquido azzurro: quasi uno scherzo per chi lo guarda – non a caso in basso si legge di una fantomatica casa editrice “Dada”.  La curatrice, invece, ci fa trovare al centro della sala, un libro aperto fatto di travertino, materiale storico per la città di Roma. Infatti, le uniche lettere leggibili in queste due pagine sono quelle del nome della città. Ma l’artista non si ferma qui: aggiunge un ulteriore significato simbolico all’opera sostituendo alla “O” un uovo, anch’esso di travertino. Insomma, scrittura che prende forma. Una mostra da non perdere.

Antonio Pizzolante


Venti Libristi

a cura di Mirella Bentivoglio

dal 2 febbraio all' 8 marzo 2010

Galleria Cortese & Lisanti, via Garigliano 29 - Roma

www.corteselisanti.com

 

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