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SPECIALE | Praga


David Černý, Piss (2004)

«Si insinua sorniona nell’anima con stregamenti ed enigmi, dei quali solo essa possiede la chiave. Praga non molla nessuno di quelli che ha catturato»: così scriveva Angelo Maria Ripellino nella sua Praga magica e credo che nessuno possa dargli torto. Lo stesso André Breton che vi tenne una conferenza sul surrealismo nel 1935, la definì la «capitale magica della vecchia Europa» per il suo incanto leggendario. Il fascino della capitale ceca non risparmia nessuno: appassionati di letteratura,  musica, arte. Registi di tutto il mondo vi giungono per ambientarvi i propri film e scrittori vi attingono le loro storie. Praga ammalia chiunque la visiti, avvolgendolo in un’atmosfera in cui il tempo sembra essersi fermato.
Ma la magia di Praga non si esaurisce nel suo passato, o nella presenza leggendaria degli alchimisti nel Vicolo d’oro!
Nel corso dei secoli la città ha accumulato un patrimonio artistico ed architettonico senza eguali. A cavallo tra Ottocento e Novecento il Liberty praghese ha conosciuto uno sviluppo tale che oggi si annoverano circa 300 edifici in stile Secessione. E sicuramente degna di nota è anche la Dancing House, progettata da Frank Gehry, uno dei simboli della nuova Praga, che per la sua forma singolare ha provocato non poche discussioni, a testimonianza della resistenza al nuovo che perdura tutt’oggi.


Frank Gehry, Dancing House (1996)

Secondo David Černý, artista ceco di fama internazionale, non esiste infatti, un progetto coerente per il rinnovamento urbano e molte proposte vengono considerate troppo moderne e fuori luogo, basti pensare all’innovativo progetto di Jan Kaplicki, vincitore nel 2007 del concorso per la nuova Biblioteca Nazionale, mai più realizzata e "ridimensionata" oggi a fermata d'autobus. Lo stesso Černý si è scontrato più volte con le autorità cittadine per la sua arte provocatoria. Eppure  la sua controversa fontana, con due uomini che fanno la pipì in una pozzanghera a forma di Repubblica Ceca, è collocata davanti al Muzeum Kafka, nel cuore della Città vecchia! E lo stesso discorso vale per Horse, che ritrae il Re Venceslao seduto sul suo cavallo appeso a testa in giù nella Galleria Lucerna, e Guns, quattro enormi pistole definite dal The Guardian come «uno dei motivi per visitare Praga», collocate nel cortile dell’Artbanka Museum of Young Art.


David Černý, Horse (1999)                                      David Černý, Guns (1994)

Quest’ultimo, aperto nello scorso giugno, è il solo museo di Praga dedicato alla giovane arte contemporanea e sorge all’interno del Palazzo barocco di Colloredo-Mansfeld, a due passi dal Ponte Carlo, su una superficie di più di 4000 metri quadri. Il museo nasce grazie al progetto Artbanka che sostiene la giovane arte e si basa sull’intermediazione tra questa e il pubblico, organizzando la presentazione dei lavori alla critica professionale e monitorando costantemente le opere che nascono sulla scena ceca. 
Gli spazi espositivi accolgono le opere di giovani diplomati delle scuole superiori di arte e dei più celebri rappresentanti degli ultimi vent’anni dell’arte ceca e slovacca, come Kamera Skura con l’opera Superstart, creata per la 50^ Biennale di Venezia. Di sicuro interesse è lo spazio dedicato all’incontro tra i giovani artisti e le visioni dei curatori all’interno di progetti specifici. Mentre lo spazio Solo Project.cz  accoglie esclusivamente l’opera Shark di Černý, parafrasi evidente dell’opera di Hirst The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living del 1991.


Kamera Skura, Superstart (2003) David Černý, Shark (2005)

Se dunque, dal punto di vista architettonico e urbanistico, la città sembra immobile, l’atmosfera che si respira attraversando le sale dell’AMoYA è tutt’altro che statica e asettica. Un progetto simile non ha sicuramente nulla da invidiare alle realtà artistiche italiane, piuttosto mi verrebbe da pensare il contrario! E’ certamente un validissimo tentativo di far uscire la scena artistica ceca dai propri confini. Un proposito questo, perseguito anche dalla Biennale di Praga, giunta quest’anno alla sua quinta edizione, che ha chiuso i battenti lo scorso 11 settembre. 
Curata da Giancarlo Politi ed Helena Kontova, direttori ed editori di Flash Art, Prague Biennale 5/ Prague Biennale Photo 2 si è spostata quest’anno a Modřany, paese nei sobborghi di Praga, in un edificio che per molti anni è stato una fabbrica di motori per velivoli, Microna. Sicuramente lo spostamento ne ha inficiato la visibilità. Nonostante avessi seguito perfettamente le indicazioni stradali per raggiungere la location, una volta lì ho avuto il dubbio che fossi nel posto sbagliato: nessuna insegna, nessun cartellone pubblicitario ben decifrabile! L'ennesima sfida per una Biennale che nel corso degli anni ha incontrato diverse difficoltà e che, caratterizzandosi per l’adozione di una formula low cost, richiede un continuo rinnovamento. Sicuramente questa formula da un lato stimola la passione degli artisti e i curatori che partecipano autofinanziandosi, dall’altro attira visitatori davvero appassionati e motivati che quest’anno si sono ritrovati di fronte a tre macro sezioni: Expanded PaintingArt in General Focus Italy, ognuna delle quali divisa a sua volta in sezioni più piccole, affidate ad altreattant i curatori.
Interessante la sezione Les affinités sélectives all’interno di Art in General, curata da Marius Tanasescu, che prende spunto dal pensiero di Heidegger che le opere d’arte non siano semplici rappresentazioni ma riflessioni condivise da un’intera comunità. Spicca su tutte l’opera di Adad Hannah Two Mirrors (2008). Mentre all’interno di Focus Italy si distingue la sezione affidata ad Andrea Bruciati If you want this story to continue…, costituita da una selezione di video realizzati da artisti italiani o che lavorano in Italia, che riflettono sulla nostra inadeguatezza di fronte al potere mediatico della televisione e alla diffusione della tecnologia. All’interno della sezione anche il lavoro di Giulio Squillacciotti, artista romano, vincitore di FestArte 2010.


Microna, Modřany                                                   Adad Hannah,Two Mirrors (2008)

Giunta alla seconda edizione anche la Prague Biennale Photo, focus sulla scena emergente ceca e internazionale nel campo della fotografia. 
Dunque, se è vero che da molti punti di vista a Praga il tempo sembra essersi fermato, realtà come AMoYA e la Biennale (seppure decentrata!) sono una chiara testimonianza del fermento creativo e culturale che contraddistingue la scena artistica ceca, per anni rimasta isolata nei propri confini.


Carmela Rinaldi


 

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