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Alban Hajdinaj. Back Side Collection

Nel ventennio della caduta del muro di Berlino il lavoro di Alban Hajdinaj (Tirana, 1974) rappresenta un interessante punto di vista della ‘generazione post-comunismo’, quella che per prima ha dovuto affrontare i cambiamenti socio-economici e le non poche contraddizioni avvenuti nei paesi dell’Est europeo dopo l’avvento della democrazia, in seguito al desiderio di rinnovamento seguito alla caduta del Muro di Berlino. Hajdinaj è infatti un attento osservatore della realtà che lo circonda: pronto a ‘bucarne’ la superficie e a tagliarne trasversalmente l’immagine. La Galleria Traghetto di Roma presenta fino al 30 gennaio ‘il retro della collezione’ di Hajdinaj, ovvero cị che dell’arte istituzionale rimane nascosto, un progetto complesso dell’artista albanese che ha fotografato il retro di alcune tele esposte alla Galleria Nazionale di Tirana realizzando una contro-raccolta, testimone a sua volta di un uso differente del mezzo in questione. In questo modo Hajdinaj rovescia il lato dell’arte, capovolge il punto di vista imposto al fruitore dall’istituzione museo coś da offrirgli una possibilità di lettura ‘altra’ da quella usuale. L’artista lavora con l’immagine sull’immagine per una plurima e democratica interpretazione della realtà attraverso linguaggi differenti come la fotografia, la pittura, il video e la rielaborazione di objects trouvées che riflettono ironicamente sulla relazione tra arte/cultura e mondo economico (capitalistico!). Infatti, oltre la serie Back Side Collection di cui ho accennato, la Galleria Traghetto espone alcuni lavori su carta, immagini che rivisitano loghi riconosciuti in tutto il mondo di prodotti per lo sport, scarpe, abbigliamento, etc. e che Hajdinaj ha manipolato con l’intento di cambiarne il valore imposto dal mercato occidentale. Una reinterpretazione creativa, questa dell’artista albanese, che ri-apre l’immagine finora ‘consumata’ a una moltitudine di significati possibili: un ritorno all’immagine come segno dall’immagine come (status-) simbolo. Un video diviso in due parti Alisa and Sarah (2007) e Alisa and Sarah, Garden (2006) chiude la prima personale romana di Alban Hajdinaj: due bambine della provincia di Tirana riprese mentre giocano, prima in casa poi in giardino. Qui l’artista cerca di evidenziare, di nuovo attraverso l’ironia e il gioco, una questione seria riguardante l’uso inconsapevole da parte delle nuove generazioni di simboli appartenenti a mondi culturali totalmente opposti quali il werstling americano che Alisa e Sarah imitano giocando in casa e la tradizione musulmana, ben più radicata in terra albanese, da cui le bambine prendono a prestito una preghiera che cantano divertite come fosse una filastrocca mentre dondolano sull’altalena. Non soltanto il video ma l’intero lavoro di Hajdinaj documenta la coesistenza di culture differenti nel suo paese, all’indomani dell’avvento della democrazia e della libera circolazione delle merci, ma soprattutto egli si preoccupa di rilevare l’appropriazione totalmente casuale (a mio avviso non sempre negativa) dei simboli di due mondi opposti e insieme la preoccupazione che in futuro si lavori per le nuove generazioni a un’opera di integrazione e comprensione delle culture e non alla loro più semplice dispersione. La morale della mostra? ‘Ri-trovare e personalizzare il proprio local nell’omologazione global’ … provare per credere.

Marta Brunori

 


Back Side Collection - Alban Hajdinaj

a cura di Riccardo Caldura e Daniela Capra

dal 10 dicembre 2009 al 30 gennaio 2010

Galleria Traghetto Roma, Via Reggio Emilia, 25 - Roma

www.galleriatraghetto.it

 

 

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