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Jan Fabre. Le Temps Emprunté

Esposizione su uno degli artisti più spregiudicati degli ultimi anni, che ha fatto da cornice ad un altro evento firmato Jan Fabre: “Orgy of Tolerance”,  spettacolo presentato al Teatro Olimpico di Roma, in cui con il suo consueto sarcasmo dava una visione della nostra realtà, del post-capitalismo, del consumismo, per domandarsi se, ancora oggi, la liberà e la tolleranza sono funzionali alle società occidentali.  Coś l’esposizione diventa un sunto dei lavori dell’artista attraverso gli occhi di celebri fotografi come Carl De Keyzer, Robert Mapplethorpe, Jorge Molder, Helmut Newton. I soggetti sono per lo più gli attori, o i danzatori, che vengono catturati da fotografi geniali, e quindi ogni volta soggetti ad una interpretazione differente, a volte commovente, altre scioccante, ma sempre molto intesa, soprattutto nei ritratti degli interpreti, fotografati come degli dei olimpici, superuomini nei corpi, i suoi “guerrieri della bellezza”, come usa chiamarli, ma allo stesso tempo dagli occhi traspare la loro autentica umanità. La valenza ludica o metafisica, scioccante o commovente della presenza corporea degli attori, trova la sensualità statuaria dell’obiettivo di Mappelthorpe, il gioioso, geometrico e ricercato edonismo degli still life di Newton, la vivacità della sala prove e del laboratorio teatrale negli scatti di De Keyzer, l’irrequieto movimento della scena in Molder. Scatti d’autore caratterizzati da sguardi molto diversi tra di loro, da cui emerge sempre inconfondibile il segno di Fabre, per quanto visto da prospettive molto distanti. Molto interessante anche la presenza di disegni, bozzetti, modellini, plastici dello stesso Fabre, sui suoi spettacoli, partendo addirittura da uno dei primi “The power of theatrical madness” (1984) per poi articolarsi lungo i venti anni di carriera e giungere ai più recenti “Requiem for metamorphosis”(2007). In molti casi quindi si tratta di opere autonome, interessanti di per sé, e da cui Fabre ha poi preso spunto per suoi lavori teatrali, secondo un’estetica della bellezza e della metamorfosi che attraversa tutta la sua opera.  Credo che Jan Fabre cerchi di innescare nel pubblico non solo l’immedesimazione, ma soprattutto una liberazione, come se guardando il fatto si potesse sentire l’appagamento di averlo fatto davvero, noi, il pubblico.  L’artista in questi anni ha affrontato temi filosofici come la vita, la morte e la metamorfosi, e si è avventurato in ricerche sul corpo, la violenza, la libido, l’erotismo e la bellezza che non di rado hanno fatto scandalo.  Allo stesso modo mi chiedo se ci sia veramente bisogno di riprodurre con coś tanta aggressività la violenza a cui ogni giorno siamo sottoposti dalla realtà, o se ci sia una modalità diversa per far arrivare al pubblico il medesimo messaggio, con la stessa forza, la stessa intensità e lo stesso pathos.

Chiara Ciucci Giuliani


 

JAN FABRE. LE TEMPS EMPRUNTE. Il tempo preso in prestito

a cura di Aldo Miguel Grompone

dal 28 ottobre 2009 al 14 febbraio 2010

Museo Carlo Bilotti - Aranciera Villa Borghese, Viale Fiorello La Guardia - Roma

www.museocarlobilotti.it

 

 

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