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Neon

Ho tanta voglia di parlarne male ma poi penso quanto sia difficile mettere su qualcosa di decente e affascinante in questi giorni, di quanto possa essere stressante cercare di essere originali e lasciare il segno, quanto tutto l’affaticarsi possa far venire voglia di gettare tutto alle ortiche. Poi peṛ mi dico che quando è troppo è troppo, che tutte queste giustificazioni, seppur valide, non possono farci accontentare, che piuttosto sarebbe meglio rimanere fermi o rimandare a tempi più fecondi. So benissimo che il ruolo delle gallerie non è facile e per questo meritano rispetto, costrette a battere strade nuove per emergere dai bui sotterranei in cui spesso si trovano. Operano ad alto rischio: con la possibilità da una parte di non essere riconosciute e non raggiungere la loro missione e dall’altra quella di venir fuori altezzose e presuntuose. Ora, non so a quale delle due possibilità la Nomas Foundation è andata incontro; propendo per la prima!  Nata a maggio dello scorso anno propone fino al 20 gennaio un’esposizione non meglio precisata di luci al neon, sotto la cura di Achille Bonito Oliva, con l’intenzione di rappresentare il concetto di superoggettività del soggetto. Opere anche significative ma che perdono mordente. Dal  Welcome   capovolto di Pietro Golia che ci dà un benvenuto al messaggio paradossale di  I really see gray   scritto con il neon rosso da Joseph Kosuth, uno dei primi ad utilizzare il neon nell'arte concettuale già dagli anni Sessanta.  David crossing the moon   di Pascale Marthine Tayou, gioco carino: dove i tre simboli (in colori diversi, rosso, giallo e blu) delle maggiori religioni (una croce per il cattolicesimo, una stella di David per l’ebraismo e la mezzaluna per l’Islam) si sovrappongono in unico disegno. L'insegna di uno show  Nico & the Vascellaris   di Nico Vascellari, che ci fa sentire come se fossimo in un sobborgo di Brooklyn, fuori da un locale notturno. Il duo Fisherspooner che promuove il proprio logo. Il buon senso di Jonathan Monk, che utilizza un neon blu per ricordarci che  A fool and his money are soon parted   (Uno sciocco perderà presto i suoi soldi). Da precisare che i titoli e gli autori delle opere le dovete cercare personalmente, con una veloce ricerca in rete, perché di didascalie o fogli informativi non ce ne sono; magari vi prendete due appunti prima di recarvi là! E siate gentili, lasciatelo a chi arriva dopo di voi! Il posto peṛ è particolare, sul serio. La galleria è ricavata da dei box macchina, dimensioni ridotte, direi raccolte, ma giuste, che danno la possibilità di cimentarsi con diverse composizioni. In quest’occasione si presenta come spazio bianco, freddo, dove le uniche luci sono quelle emanate dalle opere (che non riscaldano certo l’atmosfera). Ha tutte le potenzialità di una galleria, quindi, che a quanto pare sono tutte inespresse. Consiglierei un cambio di rotta o comunque molta più attenzione nella comunicazione e accoglienza. Rendere più partecipe il visitatore non pụ che giovare per una migliore fruizione e godibilità dei lavori e del luogo. Mi chiedo se forse, in realtà, la vera intenzione dei collezionisti Raffaella e Stefano Sciarretta, che hanno messo su questo spazio non sia quella di aiutare solo i giovani artisti italiani e stranieri ad esporre opere e a sviluppare idee senza particolare attenzione al pubblico. Scelta, a parer mio, sbagliata. Ma se coś fosse allora ho capito: la Nomas Foundation sta andando incontro alla seconda possibilità.

Fabrizio Manzari


Neon

a cura di Achille Bonito Oliva

dal 10 dicembre 2008 al 20 gennaio 2009

Nomas Foundation, Viale Somalia 33 - Roma

www.nomasfoundation.com

 

 

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