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Pop-corn-culture, l' erasmus di Domenico Mangano

Domenico Mangano vince il concorso annuale “Seat-Paginebianche d’autore” nell’edizione 2006-2007 e se ne vola come premio a New York per un soggiorno studio/ricerca presso l’ “International Studio & Curatorial Program”. Ĺ punta quindi l’occhio sulla cultura statunitense e la guarda dalla distanza della sua identità mediterranea (lui è originario di Palermo). Cattura un po’ di tutto da “oltre oceano” selezionando le immagini e le atmosfere con lo scopo di sottolineare le caratteristiche e peculiarità di un mondo che non ci appartiene ma che comunque ci appare incredibilmente familiare. Una “scultura”, un video, installazioni e alcune fotografie sono il bagaglio che Mangano si riporta a casa da New York e che ora presenta a Roma in occasione della IV Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI. Un omaggio che la Casa-Museo Andersen fa ad un artista che ha percorso in senso inverso la strada che fece lo scultore norvegese-americano (da cui il museo prende il nome) che alla fine dell’Ottocento scelse la capitale italiana come sua patria di adozione. Al  pianterreno le sculture di Andersen ispirate alla classicità e all’arte del Rinascimento fanno solo da cornice alle installazioni “site specific” dell’artista siciliano che immagina un percorso da skatepark con tanto di scivoli e half pipe. Porta l’intrattenimento e il gioco di strada, lontano da ogni finalità artistica, in un ambiente chiuso e istituzionale, inserisce la cultura americana nel tessuto delle esperienze artistiche europee, segnando in questo modo una fortissima frattura e distanza tra le due culture e sottolineando l’ampio gap temporale delle due manifestazioni. Lo fa nel modo più dinamico e veloce che possa trovare per aprirci la strada alla visioni successive che si trovano al piano superiore. Ci accoglie così una grande figura equina costituita da centinaia di pop-corn “scoppiati” (il gioco con il nome del materiale è assai esaustivo); è un po’ un “cavallo di Troia” per la “pop culture”, ci fa calare nel mondo contemporaneo e nell’identità statunitense, ci schiude le porte e il significato dell’intera esposizione. E in più sparge nell’aria un gradevolissimo odore che quasi sembra di stare al cinema (ancora America). Il passo successivo quindi non pụ non essere la visione del video che l’artista ha prodotto, The Blurring Shine, che ripete l’idea della cultura americana di strada, fatta di esperienze visive suggestive, di nuovi impulsi creativi dati soprattutto dalla street art e dal rapporto con la gente. La vita urbana esplode in un tripudio di scritte e colori e si alterna ad immagini di luoghi d’interno dove per contrasto la vita e l’esistenza sembra sospesa e soffocata. Le fotografie, che costituiscono la parte più consistente della mostra, sintetizzano nel fermo immagine le sensazioni che Domenico Mangano ha ricevuto dalla sua permanenza negli Stati Uniti. Sono luoghi/ambienti già visti moltissime volte, di cui la maggior parte di noi ha esperienza soltanto grazie ai media, già citati da altri artisti prima di lui (Gregory Crewdson su tutti, molto più incisivo e godibile) a cui Mangano sembra voler fare omaggio. L’America ci appare per lui fatta di cemento e luci al neon fredde e in disfacimento, ossessionata da immagini e loghi commerciali. Solo pochi paesaggi e spazi aperti, alcuni sono peṛ occupati da attività industriali, portuali e metropolitane, lo spazio è schiacciato; l’uomo sembra ingabbiato e ingrigito e le uniche macchie di colore a lui permesse sono possibili solo come pitture sui muri perimetrali degli edifici che hanno l’effetto contrario di creare disordine più che armonia. La lotta della città contro l’uomo sembra essere vinta dalla prima.  L’idea che l’artista ci restituisce della sua “esperienza all’estero” ci appare, nonostante tutto, piena di suggestioni e non è difficile immaginare che sia stata quantomeno formativa. I mezzi e le tecniche adottate e i risultati finali mostrano quanto la cultura americana sia pervasiva e popolare, assimilabile e di facile fruizione anche a costo di essere sempre veicolata attraverso le stesse e ripetute figurazioni.

Fabrizio Manzari


Over the blurring shine

a cura di Teresa Macrì

dal 5 ottobre al 16 novembre 2008

Museo H.C. Andersen, Via Pasquale Stanislao Mancini 20 - Roma

www.museoandersen.beniculturali.it

 

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