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Manifesta 7. Fortezza e Rovereto (parte II)

La visita a MANIFESTA 7 è stata nel complesso molto interessante, anche se, ad essere sinceri, ha esaurito ogni riserva di energia fisica ed intellettiva che avevo riservato per l’estate. Cị non mi sorprende, infatti quando ci si addentra nelle dimensioni gigantesche delle biennali d’arte contemporanea il risultato è spesso e volentieri di spaesamento e confusione. Per i curiosi, gli studiosi e più generalmente per gli “addetti ai lavori” diventa una condizione necessaria riuscire a vedere (quantomeno supervisionare)  tutto … Solo con un’ ottima organizzazione e lucidità mentale sarà possibile, al rientro, riuscire a fare un bilancio di cị che si è visitato e provare a ricordare quelle opere che più ci hanno colpito ed impressionato. Con la mia considerazione (prendetela anche come una “confessione”) non voglio assolutamente svalorizzare il lavoro di un  preparatissimo team curatoriale, anzi proveṛ a raccontare la mia esperienza.   Quale è la novità di questa settima edizione della Biennale Europea d’ Arte Contemporanea itinerante? Nel catalogo, nelle recensioni e negli articoli l’aspetto  più volte  ribadito riguardo a MANIFESTA7 è che questa abbia avuto luogo per la prima volta (quest’anno) in una regione invece che in una singola città; le quattro sedi espositive sono collocate su un asse che da nord a sud coprono l’intero Trentino Alto Adige. All’estremo nord il grande forte militare di Fortezza, poi la ex fabbrica Alumix di Bolzano, l’ex Palazzo delle poste di Trento e più a sud l’ex Peterlini e la Manifattura Tabacchi a Rovereto. Mi concentreṛ solo sulle sedi collocate agli estremi (Fortezza e Rovereto) non per pigrizia ma perché troverete, tra le uscite del mese, una recensione sulle altre due sedi, redatta dalla mia compagna di viaggio (Valentina). Scenarios  occupa il forte Asburgico di Fortezza, costruito nel 1830 vicino alla linea ferroviaria che attraversa le Dolomiti tra Bolzano e il Passo del Brennero; la realizzazione del progetto è stata affidata alla cura collettiva di Raqs Media Collective, Anselm Franke, Hila Peleg e Adam Budak (curatori delle altre tre sedi espositive).  Particolarità di questo forte militare è quella di non aver mai subito attacchi nel corso della sua storia, quindi di non aver adempito alla sua originaria funzione. Nel catalogo si legge: ”Scenarios porta con sé il paradosso della fortezza reso ridondante dalla propria invulnerabilità, e invita il visitatore a contemplare e a concepire la possibilità di altri scenari” . Ma come? È importante ricordare che la sede è stata aperta al pubblico per la prima volta, dai tempi della sua costruzione, ed è proprio nelle menti del visitatore che la mostra si realizza, infatti “la fortezza è invasa, non da un esercito, ma da gesti che reclamano ascolto e riflessione”. Dieci autori hanno elaborato testi che rispondono alla natura del luogo, che evocano le memorie dell’edificio e ricordano le sue storie; sono stati creati dialoghi, poesie e considerazioni per presentare scenari molteplici, in grado di vivere in immaginari individuali e collettivi. I testi, tradotti in italiano, inglese e tedesco, recitati da voci diverse riempiono con la loro immaterialità le mura del forte. Nasce un’ atmosfera notevolmente suggestiva, in cui nella vuotezza delle strutture labirintiche(praticamente prive di arredi) si immette la pienezza e il calore di una voce narrante. Durante la visita non si ha mai la sensazione di essere soli, l’impressione che personalmente ho avuto è stata quella di avere “un buon compagno di viaggio”. Il visitatore è dunque immerso in un “teatro dell’immaginazione”  popolato da parole, suoni, pensieri, luci ed ombre. A completare l’esposizione è una sezione dedicata a film muti dove è si trova  una selezione di opere della storia del cinema d’avanguardia. Sembra che la scelta di presentare in mostra pellicole senza audio sia stata fatta con l’obiettivo di creare sollecitazioni sonore (voci narranti) nella mente dell’osservatore. La sede di Fortezza impressiona, in positivo. Emoziona. Lo sforzo che lo spettatore deve compiere è notevole: ascoltare e interpretare tutti i testi richiede una dose di attenzione abbastanza ampia; anche una più frivola e veloce passeggiata rende bene l’idea del progetto e consente al fruitore di fare “un’esperienza tangibile dell’immateriale” . A Rovereto le sedi espositive sono siti post-industriali: la fabbrica di cacao ex- Peterlini e l’ ottocentesca  Manifattura Tabacchi, alcune installazioni si trovano anche alla stazione dei treni. Il curatore, Adam Budak, riassume coś l’idea di base del progetto: “la mostra, intitolata Principle Hope, è incentrata su una mappatura e un’ analisi dell’ecologia (culturale e politica) dello spazio e del suo essere pubblico. Lo scopo è una elaborazione di strategie provvisorie e lo sviluppo di strumenti di critica che conducano verso un altro (manifesto cortese per lo) spazio pubblico” .  I concetti a cui si è ancorata la riflessione del curatore sono stati il regionalismo critico di Kenneth Frampton e il  principio di speranza di Ernst Bloch (e la sua filosofia del vernacolare). Nel  catalogo è presente un bel testo introduttivo che invito a leggere a chiunque volesse approfondire l’apparato teorico del progetto espositivo, non sempre adeguatamente esemplificato dalle opere in mostra.  Queste, circa cinquanta, sono “disperse” nella grande struttura della Manifattura Tabacchi, e sembra che non seguano alcun principio logico; lo spettatore è spaesato e rischia di stancarsi più facilmente. Il percorso dell’ex- Peterlini è più lineare e di dimensioni minori. Tra gli artisti italiani, spicca l’opera di Alterazioni Video (un collettivo di artisti che indaga il ruolo politico e sociale dell’arte); Copy-Right No Copy-Right è una installazione che riflette sull’idea dei diritti d’autore: il visitatore ha la possibilità di accedere all’archivio “privato” di Alterazioni Video, costituito da film, video d’artista, musica, materiale pornografico ed immagini, tutto è stato scaricato da internet. Su un tavolo sono disposte scatole con dvd vergine che il fruitore pụ usare per masterizzare cị che vuole, l’operazione avviene in tempo reale: ci sono due postazioni con computer! Un’ opera che rimanda alle polemiche sulla proprietà intellettuale, che, nell’era del digitale e del multimediale, ha cambiato identità; questa installazione non si esaurisce in una sterile critica al sistema ma offre una soluzione reale. Art Flavours, curioso lavoro di Tim Etchells sull’analisi dei processi comunicativi, consiste nella creazione di nuovi gusti di gelato ispirati all’arte contemporanea: un video mostra i dialoghi tra l’artista, un gelataio locale e un critico d’arte (Roberto Pinto) e la loro difficoltà di comprendersi, che sfocia in una serie di dialoghi assurdi e divertenti. Il risultato dell’interazione tra contesti coś diversi, una pasticceria e la pratica artistica, si realizza nella possibilità di tradurre in nuovi gusti il linguaggio dell’arte. Anche qui si offre al fruitore una risposta concreta: nella corte della Manifattura un carretto da l’opportunità al visitatore di assaggiare il gelato. Altre opere agiscono nello spazio pubblico e tentano di rielaborarne il tessuto locale(Uterus Flags  di Libia Castro e Olafur Olafsson) o di alterarne la percezione (Labyrinthitis di Ricardo Jacinto). Nel complesso le sedi di Rovereto sono state soddisfacenti e hanno presentato un panorama artistico eterogeneo in cui le opere, troppe volte sconnesse le une alle altre (e cị toglie alla mostra non poca coerenza),sembrano voler esemplificare l’identità odierna di un Europa che, se da una parte è animata dalla legittimità  dell’unificazione, dall’altra, è attraversata dalla rinascita di orientamenti separatisti.

Claudia Cavalieri


Manifesta 7

Raqs Media Collective, Anselm Franke, Hila Peleg e Adam Budak (Fortezza); Adam Budak (Rovereto)

dal 17 luglio al 2 novembre 2008

Forte asburgico (Fortezza); Manifattura Tabacchi e ex-Peterlini (Rovereto)

www.manifesta7.it

 

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