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Tre artisti per Cinque sensi

Tre mostre in un museo che ancora non è nel pieno delle sue potenzialità; lo sarà quando saranno finiti i lavori di ampliamento. Il Macro, insomma, non vuole perdere tempo e dedica le sue sale a tre artisti, tutti diversi, di chiara fama internazionale: Ernesto Neto, Paolo Chiasera e Gregor Schneider. Tre motivi per cui visitare lo spazio museale, tre motivi validissimi. Nella Hall del Macro, galleria vetrata all’ingresso del museo è ospitata l’opera di Neto, artista brasiliano che ha esposto in alcuni tra i più importanti musei d’arte contemporanea internazionali e nell’ambito di grandi eventi espositivi come la Biennale di Sao Paulo nel 1988 e la Biennale di Venezia nel 2001 e nel 2003. Una grossa installazione “plurisensoriale”, come Neto la definisce, che invita lo spettatore a fruirla attraverso tutti i sensi e ad averne un coinvolgimento diretto. Tessuti di lycra agganciati alle capriate della copertura e sospesi ad un metro circa da terra riproducono le forme di un grosso fiore capovolto i cui stami sono ricolmi di 5 spezie macinate:  il pepe, il cumino, i chiodi di garofano, lo zenzero, la curcuma. La flessibilità della lycra crea forme rotonde dai colori cangianti e effetti luminosi simili a sembianze poliforme e organiche.  La composizione leggerissima ed elastica si muove con il soffio del vento e lascia intorno a sé le intense essenze delle spezie . E’ davvero un’esperienza attraversare questo spazio che connette ad altri luoghi, ad un altro tempo.  Camminare, toccare, annusare e respirare e l’opera non vive più per se stessa ma per il godimento del visitatore.   Il secondo piano del museo (è consigliabile partire da questo per poi scendere al primo) è occupato dai lavori di Schneider. L’ascensore vi sputerà in uno spazio completamente buio dove l’unico flebile chiarore è dato da luci che illuminano le opere. In realtà si tratta di un’unica grande installazione  site specific  dove prevale la non-luce e un senso angosciante di disorientamento. Sulla parete di fondo è proiettato un video le cui immagini mostrano l’interno di due appartamenti. La cinepresa si muove freneticamente fra le varie stanze aprendo e chiudendo porte su porte e sembra non riuscire a trovare la via di uscita. Ci troveremo poi anche noi a vagare (nel buio) cercando una direzione precisa e ad aprire porte su porte. In tutta la sala sono sparse, infatti, stanze di appartamento. L’idea di isolamento e di profonda inquietudine è amplificata dalla percezione degli ambienti resi claustrofobici e dalla presenza di corpi stesi a terra. Lo scenario si ripete identico nell’altra ala del secondo piano diventando percị ossessivo e straniante. Uno spazio labirintico dove è veramente inutile cercare una via d’uscita, perché non c’è. Scendendo al primo piano ritroveremo la luce ma saremo assaliti da un rumore assordante: quello dell’opera di Chiasera:  Forgot the Horoes. Forgotten the Heroes  (2004). Nella prima sala si trova una video proiezione, sicuramente più valida del resto del suo lavoro, in cui quattro diversi schermi proiettano il concetto dell’opera: la distruzione. Chiasera prende a modello quattro personaggi per quattro diversi ambiti, LeCorbusier per l’urbanistica, Adam Smith per l’economia, Seymour Cray per l’informatica e Noam Chomsky per la linguistica, ne fa una scultura e poi la rompe fragorosamente. E’ la fine di una rappresentazione, è la fine di un uomo, è la fine di un’idea. Dopotutto Chiasera ammette di essere interessato non agli uomini ma al loro fallimento. E’ attratto dal loro superamento, dalla loro implosione (che anticipa sempre una rinascita). E’ il disfacimento della loro materia che segna, paradossalmente, la loro immortalità.

Fabrizio Manzari


Artisti in contemporanea

dal 29 maggio al 31 agosto 2008

MACRO, via Reggio Emilia 54 - Roma

www.macro.roma.museum

 

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